Film in riva al mare: Spiaggetta Club di Taranto nel Circuito D’Autore Estate

Tra 28 sale cinematografiche, inserite nel “Circuito d’Autore Estate” di Apulia Film Commission in Puglia, c’è la “Spiaggetta Club”. Quando l’ho scoperto, ho iniziato subito ad immaginare dove avrebbero installato lo schermo e mai avrei intuito di trovarlo esattamente al centro del bagnasciuga di una spiaggia dunale, nell’isola amministrativa di Taranto.

Conoscendo quei pazzi sognatori di Adriano e Luciano Di Giorgio – uno è proprietario del Cinema Teatro Orfeo – avrei dovuto arrivarci, eppure la sorpresa c’è stata.

Hanno tranquillamente consentito a tutti i bagnanti incuriositi di trattenersi oltre l’orario di apertura, dopo una calda giornata di mare, ed alle 21 i bagnini hanno iniziato a gonfiare letteralmente, si gonfiare, lo schermo, alla stregua di un materassino.

In pochi minuti, lo schermo era pronto ed ancorato ed ha resistito pure ad una imprevista raffica di vento, quando sulla guardiola di avvistamento sventolava bandiera bianca.

Gli spettatori, il 10 agosto, hanno visto “Metti la nonna in freezer”, commedia sociale, grottesca, surreale, opera prima di Giancarlo Fontana e Giuseppe Stasi, rivelatrice di una vita di mezzo dove ogni giorno provano a resistere tanti, “non più giovani”, giovani professionisti, eternamente precari, in una società dove bisogna inventarsi il mestiere e non si riesce più ad eguagliare i guadagni di generazioni precedenti e pensionati di oggi.

Lo hanno fatto comodamente sdraiati sui lettini, e, dopo pochi minuti, nessuno più pensava alle Perseidi, in fondo il picco di stelle cadenti ci sarebbe stato tra il 12 ed il 13 agosto.

L’operazione è stata completamente sostenibile, perché a fine proiezione lo schermo è stato sgonfiato e riposto in cabina.

Il critico cinematografico, Guido Gentile, ha introdotto e chiuso la serata: «Il film di due registi esordienti riprende uno spunto di cronaca. Può sembrare folle, pare sia successo a Cuneo. Il passo narrativo, in chiave romanzata, di questi nuovi registi cresciuti con un ritmo nella testa molto americano riprende la commedia all’italiana ed ha una chiave di “black commedy”, insolita nella cinematografia italiana. Le situazioni sono al limite del paradossale, con un pizzico di macabro. Geniale regalare questo ruolo a Barbara Bouchet. La commedia è romantica e rovescia i giochi di forza…(…)».

Ps: Lo stesso, in questo periodo sta conducendo “Gli incontri con il critico” al Maxxi Village in via Lago di Pergusa 55.

Teatro Fusco: Si chiede chiarezza sulla gestione comunale. Compagnie disposte a proporsi e consorziarsi

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Teatro Fusco. Progetto Esecutivo di Studio Start. Immagine con fossa orchestrale aperta.

Una proposta di gestione del Teatro Fusco sarà redatta in un incontro tra compagnie teatrali ed associazioni culturali tarantine. Ieri mattina, nel foyer del Teatro Orfeo, uno dei proprietari, Adriano Di Giorgio, delegato provinciale di Agis ed Anec e con un incarico nella Commissione Pubblico Spettacolo alla Provincia di Taranto, ha lanciato un appello ad unirsi ed insieme a Lino Conte, difronte ad un primo gruppo di interessati, ha chiesto chiarezza su una struttura pubblica costata parecchi soldi. I lavori al cantiere teatrale dovrebbero fine entro la primavera, tra maggio e giugno, e sulle forme di gestione non ci sarebbe certezza. Si pensa ad una gestione diretta, ad una gestione indiretta con forme di esternalizzazione privata, ad un affidamento diretto ad enti pubblici o ad un bando pubblico? L’assessore comunale alla Cultura, Franco Sebastio, avrebbe ipotizzato due strade, o la gestione indiretta con esterni in affiancamento o una gara di evidenza pubblica. Tuttavia, in questa fase di incertezza, gli operatori teatrali privati potrebbero decidere di consorziarsi: «Il Comune di Taranto – spiega Adriano Di Giorgio – potrebbe gestire direttamente il Teatro Fusco, due anni, con l’affiancamento di un operatore esterno, o indire un bando di gara. L’operatore esterno dovrebbe essere nominato direttamente. Noi abbiamo chiesto di presentare una nostra proposta e farci portavoce di tutte le realtà locali di Taranto, affinché possa diventare davvero la casa delle compagnie tarantine e non una struttura manager di se stessa o un’altra cattedrale nel deserto. Pensiamo ad un canone agevolato a favore di tutte le compagnie locali – precisa – non dobbiamo trovarci davanti al fatto compiuto di un’assegnazione diretta. In tanti anni – ha continuato – non abbiamo mai avuto un contributo pubblico, né a favore di nostre stagioni, né a favore di altri operatori. Il Comune deve dare la possibilità di assegnare fondi pubblici alle compagnie locali. Noi abbiamo unito 5 teatri di Puglia e non siamo nemmeno tra i primi 100 nella graduatoria in bandi regionali. Non abbiamo avuto i punteggi minimi, non capiamo il motivo. Ci vuole un controllore sui contributi».

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Conferenza stampa sulla proposta di gestione del Teatro Fusco. Nel foyer del Teatro Orfeo di Taranto.

Il Teatro Pubblico Pugliese, si spiegava agli intervenuti, ha comunicato in ogni caso l’intenzione di organizzare le stagioni di prosa al Teatro Orfeo, più capiente (747 posti), ed al Teatro Fusco (477 con la fossa orchestrale chiusa e 417 con la fossa orchestrale aperta e sollevata) e, conseguentemente, non più al TaTÀ, e la stessa amministrazione comunale confida di inaugurare la stagione di prosa al Teatro Fusco. I tempi stringono, dunque, e le domande sugli effettivi gestori sono ancora tante: «Perché non potremmo tornare a metterci insieme? Nell’81 – ricorda Lino Conte – fondammo l’associazione “Taranto Teatro” e rappresentavamo tutti, spesso con il critico Gianni Amodio. Pretendiamo rispetto. Crediamo sia giunto il momento di tornare a discutere. Al Tarentum, al Turoldo, ci siamo tutti. Perché non finalizziamo l’unione? Non dovremo accettare una gestione non tarantina di un teatro comunale. Dovrebbero darci la possibilità di organizzare laboratori teatrali». Hanno ascoltato e o borbottato in parecchi e, tra gli altri, Netty Russo ha suggerito di nominare un portavoce ufficiale unico e Gianfranco Carriglio, direttore della compagnia teatrale “La Rotaia”, ha chiesto chiarimenti su eventuali gestioni comunali dirette: «Ci sarà un regolamento di accesso, essendo una struttura pubblica? Feci questa osservazione quando fu affidato il TatÀ ai Tamburi (proprietà pubblica provinciale, ndc). Mi considerarono il nemico ed il TatÀ continua a non essere gestito a livello pubblico. Questo è il discorso nei teatri pubblici. Il Comune si deve incaricare di fare un regolamento di accesso».

P.S: Miei testi pubblicati su Nuovo Quotidiano di Puglia, il 30 gennaio 2018, erroneamente attribuiti ad altra collega. 

L’orgoglio di Leo Pantaleo, i suoi costumi di “Anna Fougez, Il mondo parla, io resto” esposti in “Irresistibile Fougez” fino al 2 aprile

 

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I costumi di Leo Pantaleo, suo orgoglio in Anna Fougez, il mondo parla, io resto, nella mostra “Irresistibile Fougez”

Ero certa di trovare, stamattina, i costumi di Leo Pantaleo esposti nella mostra “Irresistibile Fougez“, alla Galleria Comunale di Taranto, al Castello Aragonese, insieme ad altre riproduzioni di sue collezioni o di foto e locandine di cineteche ed altri proprietari di cimeli originali.

Io, i suoi abiti, li ho visti in scena con i miei occhi, nel 2007, nel ventennale della sua commedia musicale “Anna Fougez, il mondo parla, io resto”, presentata in una conferenza stampa insieme all’associazione Culturale Angela Casavola ed alla compagnia stabile dell’autore. I due atti con gran finale strabiliarono il pubblico del Teatro Orfeo, lasciando bellissimi ricordi in tutti gli spettatori ed artisti, donati ai posteri nel canale youtube di Sabino Dioguardi, 1961 Taranto, proprietario prima di cedere la storica sala centenaria tarantina ai fratelli Adriano e Luciano Di Giorgio.

Allora, scrissi presentazione e recensioni in più occasioni, pubblicate su Nuovo Quotidiano di Puglia. Il collezionista ed operatore culturale, Paolo Ruta, ha acquistato il suo costume più bello, bianco, nero e spumeggiante, indossato nel gran finale, dieci anni fa, riutilizzato in un omaggio teatrale recente, un anno fa’, insieme alla sua associazione “Amici della Musica” al TaTA’ ed altrove, ed esposto accanto ad altri due costumi di scena di Leo Pantaleo, in prestito in altre occasioni inserite in cartelloni del Teatro Pubblico Pugliese o nel 2014, 120° anniversario della nascita della sciantosa, al Mudi (Museo Diocesano). Ho pensato di condividere con i lettori di questo blog i miei articoli del 2007 e contribuire alla memoria storica di due stagioni, distanti, di omaggio alla diva del tabarin. In parecchi, fortunatamente, l’hanno riscoperta. Tanti, mai abbastanza, hanno iniziato a farsi affascinare grazie alla sua costante passione e dedizione, dopo i primi omaggi teatrali ed espositivi nel 1987. Alcuni appassionati ricordano in quegli stessi anni una sua elegante esposizione, sempre nella Galleria Comunale, vicino al Ponte Girevole, e la prima versione della sua commedia musicale, probabilmente, solo in quel primissimo allestimento, con alcuni accessori ed abiti appartenuti alla sciantosa più amata.

P.S: in azzurro o nero, collegamenti a nota stampa e fonti in rete. 

 

 

“Animeland” dopo e prima della prima al “Roma Fiction Fest 2015”

Una colonna sonora delicata, sublime, quasi un un sussurro dei ricordi, l’ha composta Simone Martino, colorando di commozione il docu-reportage (come lo chiamerei io, arbitrariamente) “Animeland” di Francesco Chiatante, presentato al Roma Fiction Fest 2015, al Teatro Adriano di Roma, il 13 novembre scorso.

Le corde dell’emozione di chi è nato negli anni ’70 vengono toccate quando i personaggi intervistati parlano dei cartoni animati giapponesi dell’epoca. Ognuno custodisce intimamente ricordi legati a quel periodo. E quei ricordi emergono dolcemente durante la visione. Chissà come sarebbe stato divertente sbirciare nascosti e vedere all’opera Francesco intento a convincere gli intervistati a parlare del loro rapporto con manga, anime e cartoni animati. Fantastico, a pensarci. Un film documentario del cuore, dove c’è un po’ del Francesco bambino, figlio, ed adulto di oggi. Gli auguro una distribuzione adatta alla sua intuizione, magari nei festival indipendenti e creativi. Ah, e se andate in Giappone ditelo eh?? Magari vengo io a documentare voi 🙂

Qui sotto, qualche mio scatto della serata, quando ormai la tensione era finita e si profilavano atmosfere goliardiche e spensierate, il tempo di un red carpet.

 

Questa, era stata la mia presentazione, pubblicata su Nuovo Quotidiano di Puglia l’11 novembre 2015, nelle pagine della Cronaca di Taranto, città natale di Francesco:

Una vita a farsi le ossa in cortometraggi e backstage, qualche riconoscimento e soddisfazione. E, giorno dopo giorno, il tarlo nella mente di cartoni giapponesi, anime e manga ha preso forma ed è diventato il suo primo film documentario. “Animeland: racconti tra anime, manga e cosplay”, opera prima di Francesco Chiatante, tarantino, 34 anni, sarà presentata il 13 novembre al Teatro Adriano di Roma, durante il “Roma Fiction Fest”. Lui, riservato, un po’ timido, preferisce stare dietro la cinepresa. Eppure, stavolta ha l’adrenalina a mille. Saranno forse i suoi paladini di infanzia a generare tutta questa carica: Goldrake; Jeeg Robot d’acciaio; oppure Holly e Benji; o perché non Dragonball o Naruto; fino a l’Incantevole Creamy, ad Heidi o a Candy Candy. Nel 2013, dopo aver iniziato a lavorare alle ricerche cinque anni fa, festival dopo festival, ha stanato diversi personaggi famosi e li ha intervistati sul loro rapporto con i cartoni animati: «Non ricordo esattamente quale sia stata la prima intervista. A memoria, credo, il saggista Fabio Bartoli. Il lavoro è durato anni tra ricerche, contatti, interviste, riprese, materiali vari. Le ricerche su come farlo, in che maniera, come raccontare la storia, chi tentare di coinvolgere, come, cosa farsi raccontare, in che eventi andare, cosa girare. Ho effettuato riprese a Roma, Milano, Bologna, Reggio Emilia, Venezia, Lucca, Firenze, Napoli, Benevento. Le uniche tre cose pugliesi presenti nel film – scherza – dovremmo essere io, nato e cresciuto a Taranto, il grafico/animatore nord barese Giovanni Ricco e il mitico Caparezza, ovviamente da Molfetta!». Animeland, nell’intenzione degli ideatori, non si rivolge solo ad appassionati e vorrebbe offrire un contributo alla conoscenza di uno spaccato di società, dimostrando l’influenza di questa rivoluzione culturale degli anni ’70: «Ho passato lunghissimi periodi – spiega nelle note di regia – a cercare/catalogare/fotografare/filmare montagne di manga originali, vecchie riviste, oggetti oggi da collezione, una volta “per bambini”, rodovetri, disegni d’autore e a contattare giornalisti, critici, docenti universitari, fumettisti, esperti, curiosi, appassionati, cosplayer (chi interpreta i personaggi dei manga in costume), fanatici, otaku, fino ai grossi autori giapponesi. Ancora ricordo quando, durante un festival di Venezia, tentando di ottenere un’intervista con Leiji Matsumoto, storico autore di Capitan Harlock, il suo staff decise d’invitarci a cena col Maestro. Fu un incontro incredibile». Nel film: Luca Raffaelli; Massimiliano De Giovanni; Fabio Bartoli; Yoshiko Watanabe; Maurizio Nichetti; Giorgio Maria Daviddi; Caparezza; Paola Cortellesi; Fausto Brizzi; Simone Legno alias Tokidoki; Valerio Mastandrea; Shinya Tsukamoto; Michel Gondry; Masami Suda, character design/animatore di Ken il guerriero, Hokuto no Ken, Kiss Me Licia, etc; Yoichi Takahashi, autore/mangaka di Holly e Benji – Captain Tsubasa; Vincenzo Mollica; Andrea Baricordi; Marco Pellitteri; Goldy, misterioso cosplayer giapponese”

 

Il Teatro Orfeo compie 100 anni, tra amici, mentori e omaggio di Clarizio Di Ciaula ad un Laclos ispirato all’ammiraglio Francesco Ricci

I fonatori del Cinema Teatro Orfeo, i Fusco, in una foto d'epoca messa a disposizione del programma del Centenario

I fondatori del Cinema Teatro Orfeo, i Fusco, in una foto d’epoca messa a disposizione del programma del Centenario

 

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Un riflettore proiettava la frase sul Centenario intorno alla data della fondazione

Stupore, Eleganza, Serietà, Impegno,Orgoglio, Sogno, Commozione, Speranza, e Amicizia

Il 27 febbraio 2015, ho lasciato il Cinema Teatro Orfeo con queste parole nella testa, negli occhi, nel tatto, in questo ordine, spontaneo, casuale, non pensato.

E, così, provo a metterle a nudo.

Si celebrava il primo Centenario di uno dei pochi teatri tarantini, degli anni d’oro del secolo scorso, sopravvissuto al disinteresse, all’abbandono ed all’oblio di chi ha dimenticato la sua anima culturale a lungo. Tanto a lungo. Quel palco, è stato discreto testimone di tantissime emozioni e, stavolta, ha osservato i preparativi del Centenario e di chi ci ha creduto. Prendendo e donando energia, in un flusso armonico, vitale, contagioso, creativo.

Era già capitato la sera del primo evento in programma, la proiezione della pellicola del ’58, “Promesse di Marinaio”. E stava accadendo ancora.

Stupore

Adriano e Luciano Di Giorgio quasi non credevano di essere proprio loro ad essersi lanciati in questa scommessa. Su quelle poltrone rosse, bambini, si scoprivano stupiti, sorpresi, insieme alla loro famiglia, alla loro mamma, ai loro amici, ad affascinarsi quando sentivano parlare di teatro. Ed oggi quelle stesse poltrone potranno sopravvivere, vivere, e brillare, se loro riusciranno a vincere quella scommessa.

Una scommessa di un teatro di tutti, un teatro amico, un teatro della città.

Quasi inteneriva, vederli alle prese con le fotografie di Beniamino Ingenito, sotto il palco tutta la sera. Quando, insieme alla mia collega, Marina Luzzi, addetto stampa del Centenario, si apprestavano a premiare chi, con le sue stagioni e cartelloni, fa vivere questo teatro. E soprattutto chi in questo teatro ci ha messo l’anima, quando era il proprietario: Sabino Dioguardi, il loro mentore.

Quando lo stesso Sabino ha ricevuto “L’Orfeo”, ha ricordato alcuni aneddoti della storia di quella ribalta ambita, rievocando Anna Fougez. Questa diva del tabarin, riporta alla mia memoria il lavoro di Leo Pantaleo, “Anna Fougez, il mondo parla, io resto”, nel secondo allestimento al quale io ho potuto assistere intorno al 2007. A catena, la suggestione di Sabino, innesca un viaggio nel tempo, fino a quando nel 2000 lo stesso Leo mi convinse a fare la comparsa di una nobile decaduta nel cortometraggio “La Ballata alla Città dei due mari” con le musiche di Pino Russo. Mi ero messa in ordine i capelli e Leo arrivò a scompigliarli, perché dovevano essere arruffati. Mi fece indossare uno dei suoi costumi d’epoca, bordeaux. Ah, quante ore passate sul palco dell’Orfeo a girare quella scena, non recitata, ma solo diciamo mimata, destinata ad occupare pochissimi istanti del montaggio. E, chiaramente, questa follia non l’ho mai più ripetuta 🙂

Eleganza

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Lo spettacolo teatrale del Centenario era “Laclos e le sue Relazioni Pericolose” (co-prodotto insieme all’Associazione culturale Murgiateatro, tornato sulle scene dopo i primi allestimenti romani della scorsa stagione teatrale, con un nuovo cast). E mi porto ancora negli occhi l’eleganza ed i colori dei costumi di Annalisa Milanese, o la raffinatezza essenziale delle scenografie, osservate quando si è alzato il sipario e quando i tecnici hanno iniziato a smontarle davanti ad alcuni spettatori curiosi.

 

Serietà

Quando si sceglie di scrivere un testo, ispirandosi a romanzi celebri come il libro epistolare francese, le Relazioni Pericolose, di Laclos, il rischio di paragonarlo alle messe in scena in prosa e cinema dell’opera originaria non si riesce ad evitare, facendo infrangere il lavoro più meticoloso o serio nella rigida e comprensibile visione disciplinata del purista. E certamente non si può escludere non sia accaduto in questa occasione.

Alla destra, Laclos

Alla destra, Laclos

Questo lavoro, definito narrazione scenica, nel programma di sala del Centenario, è un testo del regista ed autore dell’allestimento, Clarizio Di Ciaula, ispirato a quel romanzo. Con il quale si omaggia l’autore del libro originario, il personaggio, raccontando gli ultimi mesi di vita a Taranto nell’800, in veste di generale napoleonico. E dove con il pretesto narrativo dell’oppio si da vita ai personaggi delle “Relazioni Pericolose”. Riproposti, dunque, con un taglio, come dire, visionario, caratterialmente personalizzato ed inedito. Con lo sguardo dell’autore del testo ed i suoi messaggi, vengono fuori una Marchesa De Marteuil, alias Ketty Volpe, esuberante, carismatica sulla scena, un generale Laclos, Cesare Pasimeni, sobrio, assorto nei pensieri, ed un gruppo di attori (Gianluca Busco, Antonia Chiatante, Francesco Cassano e Diletta Carrozzo, selezionati nei mesi scorsi in un laboratorio teatrale eccetto chi aveva partecipato all’allestimento precedente). Mi ha colpito molto notare il rispetto degli attori nei confronti del loro regista. Si sono messi nelle sue mani, abbandonati alla sua visione e mostravano di sentirsi parte di qualcosa di serio, armonico, condiviso e professionale. Una regia vera fa la differenza tra coralità o caos, in un lavoro teatrale, dove spesso essere grandi attori senza una buona regia può rovinare tutto.

Orgoglio

Quando Clarizio Di Ciaula è salito sul palco, sembrava quasi incrociare con fierezza ed orgoglio gli occhi di qualcuno. Non sappiamo chi guardasse. Sicuramente, ha dedicato questo traguardo e il riconoscimento ricevuto a sua madre ed ha raccontato l’aneddoto della nascita di questo spettacolo: «Una persona, inconsapevolmente, mi ha consentito di avere una vaga idea di cosa potesse essere un ufficiale di levatura, un letterato, un uomo d’armi. L’ho incontrato e mi ha entusiasmato per signorilità, disponibilità e straordinaria competenza. Questa sera è qui, lo ringrazio ed è l’ammiraglio Francesco Ricci». Oltre ad aver ispirato il soggetto di Laclòs, l’ammiraglio, curatore del Castello Aragonese di Taranto, affascina spesso i visitatori con le storie del generale Dumas e della prigionia nella fortezza, poi raccontata nel romanzo del figlio omonimo, “Il Conte di Montecristo”.

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Marina Luzzi, Adriano Di Giorgio, Clarizio Di Ciaula, Luciano Di Giorgio

Impegno

Tutto l’impegno messo nei preparativi a quanto pare porterà ad alcune rappresentazioni nei matineé, rivolti agli studenti delle scuole tarantine e consentirà a questo allestimento di continuare ad esistere.

Sogno

In una città dove non si sognava più, i fratelli Di Giorgio hanno offerto la proiezione di “Promesse di Marinaio”, con le musiche e canzoni di Lelio Luttazzi, ed hanno annunciato la volontà di far crescere la prima “Compagnia Stabile del Teatro Orfeo” di Taranto.

Commozione

La mia, di chi raccoglie e racconta l’emozione di quei due momenti, inseriti in un cartellone di eventi dei prossimi mesi. Alcune locandine si scorgono dietro alcuni dei quadri esposti di Alfredo Pompilio, lo stesso autore dei disegni in sala. 

Speranza

Il messaggio di poter osare e credere in qualcosa di diverso ed allo stesso tempo di famigliare, intorno al quale ruotava una Taranto fiera e vitale, diventando perno di una filiera teatrale ed artistica con maestranze solo sopite e con un grande potenziale.

tra le tante parole c’era Amicizia, ma questa la lascio nel mistero di chi sa cosa voglia dire. E, quindi, cali il sipario e si spengano i riflettori.

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“The Imitation Game”: l’enigma si risolve solo rompendo lo schema, in storia e storie di vita

A volte, ci si trova davanti a storie dentro la Storia della Seconda Guerra Mondiale capaci di unire anime ad epoche ed a mettere in luce il particolare dentro l’universale. Il film è magnetico. Entri dentro i segreti raccontati con sfumature di romanzo storico con quella voglia inarrestabile di approfondire i misteri di Enigma e di chi cercò di decifrarlo con una macchina per sconfiggere Hitler ed i linguaggi in codice dei nazisti. Ti ritrovi a rabbrividire e ad appassionarti. La regia ti porta per mano e ti guida dentro l’umano e dentro la Storia dell’umanità. E poi è l’amore a lasciarti la scia più profonda, con i suoi dolori, le sue vie d’uscita, le sue chiavi di svolta. Stavolta le musiche di Alexandre Desplat hanno avuto un altro ruolo, meno fiabesco, più epico e trionfale. Due filoni narrativi si intrecciano in tre fasi della vita, tra ruoli nel mondo e ruoli nell’inconscio raccontandoci come si può vincere una guerra senza vincere sul fronte dei diritti civili ed umani sotto i propri occhi. Salvo poi evolvere con tempistiche troppo lunghe per chi doveva scegliere tra vivere la sua omosessualità o esprimersi nella matematica sapendo di non poter rinunciare a nulla di se.

Locandina diffuse nei cinema

Locandina diffusa nei cinema

Il “Chilometro Verde” mi strappa le lacrime nel film “Scusate se esisto”

 

Terzo film della stagione, terza lacrima, o forse qualcuna in più. Ma, dico io, è mai possibile?? Non so se è perché seguo i consigli giusti o se riverso nel cinema una marea di emozioni nascoste. Vado a vedere “Scusate se esisto” al Cinema Teatro Orfeo di Taranto, raccogliendo l’appello dell’ultimo giorno di programmazione. Ci vado alla cieca, a scatola chiusa, senza sapere nulla, e dico nulla, se non voci su “al cinema c’è Raoul Bova”. Ci vado e vengo illuminata: Non è un film con Raoul Bova. Sono matta direte? No…! Non è quello il motivo, la ragione, il senso, il perché del film! Certo, Raoul Bova è nel cast ma ritenerlo un film incentrato su di lui sarebbe un errore. Si tratta di una commedia appassionante, con tutti gli ingredienti, il sorriso e la malinconia, dove abilmente rimescolando atmosfere della commedia degli equivoci ed un pò di icone, come il Diavolo Veste Prada o L’Attimo Fuggente, si lanciano messaggi importanti sull’architettura sociale, sul vero progetto del Chilometro Verde, sul rispetto delle persone, facendo leva su tutti gli stereotipi della discriminazione ed emarginazione sociale. Paola Cortellesi, strepitosa, si ispira a Guendalina Salimei. Finito il film, esci con una bella commozione, ti viene voglia di approfondire, se sei fatta come me, e scoprire qualcosa sul vero progetto, apprendendo perfino dell’uso del Tax Credit Esterno nella produzione del film, strumento di agevolazione fiscale con il quale le imprese possono sponsorizzare un film e guadagnarci. Come qualcuno vorrebbe fare a Taranto. Non vi ho convinto? Andateci e poi potrete valutare e capire cosa vi ha lasciato questa storia, se superficialità o un grande groppo in gola sul significato dell’essere persone, umane, amiche, complici, sincere, rispettose nella vita di tutti i giorni.

 

Lacrime, stelle e scienza con gli occhi dell’amore, in “Interstellar”

Lo devo dire ora, a qualcuno, le ore di visione di Interstellar sono una illuminazione, il film ti rapisce, il patema è totale, sei dentro la storia senza alcun bisogno di un 3d, fotogramma dopo fotogramma la premessa di partenza, le domande della scienza, lasciano il passo alla chiave di tutto: l’amore. Smetti di chiedertelo e ti lasci trasportare. Una storia ricca di metafore del nostro presente di fughe ed istinto di sopravvivenza. Un groppo in gola, ancora una volta. Qualche lacrima forse ancora deve uscire. Se dovessi legare i segnali del film alla vita di tutti i giorni, spererei nell’infinito potere dell’amore, in tempo. Un film di quelli dei quali non si può dire davvero nient’altro. Buona Notte.

“The Judge”: Cuore, Padri, Figli e groppo in gola. Il legal movie è un dettaglio narrativo

Al buio, all'Orfeo di Taranto

Al buio, all’Orfeo di Taranto

Torno a casa e non ho ancora ritrovato l’equilibrio. The Judge ti mette a nudo. Pensi di andare a vedere un legal thriller movie, ed invece ti trovi davanti ad un film su padri e figli. Questo cambia tutta la prospettiva e ti fa ritrovare con il groppo in gola solo a ricordare alcuni momenti di questa storia. Una regia capace di restituirci l’anima di ognuno dei personaggi chiave. Si affida alla storia, ai caratteri, alle radici, ai diversi significati dei luoghi come il bel cinema d’autore, dove l’effetto speciale è l’emozione, arricchita grazie ad una colonna sonora indovinata. Nella vita, si ride, si piange. Un film sulla vita. E se dovesse ricevere qualche premio sarebbe un giusto premio.

“The Grand Budapest Hotel”, affresco teatrale raffinato, cinema elegante

Locandina diffusa nel profilo Facebook del Cinema Teatro Orfeo di Taranto

Locandina diffusa nel profilo Facebook del Cinema Teatro Orfeo di Taranto

Torno al cinema dopo un po’…un film elegante. Mi sono immersa in un affresco raffinato. La teatralizzazione di una miscellanea di un giallo ed una favola. Con musiche sbalorditive di Alexandre Desplat. Ho riso. Ho pianto. Una meraviglia!!!