Il volume si alza, l’entusiasmo cresce, il sentore di scrivere una pagina di storia si fa avanti, le mani si battono a ritmo di “Nun te reggae più” di Rino Gaetano, ed al posto dell’apecar più famosa d’Italia arriva una riproduzione in materiali riciclati, insieme alle bandiere con il tre ruote, simbolo del Comitato Cittadini Liberi Pensanti di Taranto. Il 17 agosto 2012, mentre due ministri, di Ambiente e Sviluppo Economico, partecipavano ad un vertice blindato nella zona rossa, al Palazzo del Governo, in Prefettura, – con lo scopo di evitare la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, sottoposta a sequestro preventivo per disastro ambientale ed avvelenamento – i tarantini, onesti, per bene, erano in Piazza Maria Immacolata, dalle 8.30, dove era stata autorizzata, per motivi di sicurezza, solo una assemblea civica, statica, non oltre la piazza assegnata. La piazza si è progressivamente riempita di striscioni, cartelli, magliette “Taranto Ribellati”, “RespiriAmo Taranto”, “No al Carbone”.
Sul palco, guidati da Massimo Battista e Cataldo Ranieri, portavoce per caso, da quando è nato il loro comitato, dissociandosi da tutte le bandiere ed i volantinaggi schierati, qualora fossero spuntati tra la folla, hanno dato la parola: ad operai dell’Ilva; genitori di bambini di pochi anni ammalati di cancro e leucemie un tempo diagnosticate quando si arrivava alla terza età, ed oggi, a causa dei danni genotossici degli inquinanti, molto prima, perfino nella prima infanzia; pediatri; una vedova di un operaio morto di cancro senza poter essere risarcito mentre era in vita; un allevatore di quegli agnelli innocenti soppressi al mattatoio per la diossina accumulata nei pascoli nei pressi della zona industriale; una giovane di LegamJonici, Daniela Spera (http://legamionicicontroinquinamento.wordpress.com/) mortificata dopo la denuncia a carico di quelli dell’apecar il 2 agosto quando furono destabilizzate le liturgie dei sindacati confederali, in Piazza della Vittoria, e convinta di dover andare avanti, con coraggio.
I tarantini conoscono queste storie. Ed hanno cercato di denunciarle da tempo, arrivando, gradino dopo gradino, ad essere protagonisti di questa fase, attendendo le motivazioni del Tribunale del Riesame del decreto di sequestro preventivo. Alcuni giornalisti di fuori le hanno sentite per la prima volta certe storie ed avranno molto da riflettere nei prossimi giorni. Insieme a chi da tempo cerca di parlarne nel territorio trovando barriere sempre più alte nelle redazioni non favorevoli alla pubblicazione continua ed all’eco di certi allarmanti risultati mentre si viene a sapere del tentativo di corrompere ed imbavagliare la stampa, da parte dell’ufficio pubbliche relazioni dell’Ilva, dopo i già noti tentativi aziendali di annientare con le querele esponenti dell’ambientalismo più storico e costante nel tempo.
Il politico veramente sconfitto della giornata in piazza è a sorpresa Nichi Vendola, percepito come un traditore delle istanze delle famiglie di bambini ammalati dei Tamburi di Taranto, fischiato parecchie volte, forse più dei ministri dai quali la comunità di Taranto non si aspettava nulla.
La più acclamata ed incoraggiata nei cori e nei cartelli è il gip, giudice della indagini preliminari, Patrizia Todisco. Se qualcuno ancora avesse dubbi sul sostegno morale dei tarantini attivi alle azioni della Magistratura, se ne faccia una ragione. A Taranto, i cittadini non credono più alla politica ed ai sindacati e si fidano solo dei magistrati, prendetevela con i partiti, con i sindacalisti se hanno perso tutto questo consenso ma non con i cittadini o con i magistrati.
Verso le 12, Battista e Ranieri hanno invitato la piazza a riunirsi in corteo, con gli striscioni, le canzoni, i cori, senza violenza di nessun tipo. In un modo o nell’altro, la Questura ha tollerato questa decisione, pur essendo stato notificato il giorno prima il divieto di uscire dalla piazza concessa, perché ha constatato da chi era composta quella folla, ovvero da persone oneste, tranquille, semplicemente stanche di soffrire in silenzio, e con il bisogno di condividere queste emozioni con tutti quanti.
Con una regia davvero esemplare, i ragazzi del comitato dell’apecar si sono disposti davanti al corteo con le mani alzate e la pettorina verde in evidenza. Ed hanno guidato tutti verso Piazza Carmine, il più possibile vicini alla zona rossa, presidiata da Baschi Verdi, Carabinieri e Polizia in tenuta anti sommossa.
Il corteo è stato civile e pacifico, sicuramente coraggioso, perché sfidava il divieto di manifestare verso la zona rossa, ma incapace di provocare, al di la di cori e slogan contro l’inquinamento e per la salute. Arrivati alla zona rossa, qualche stupido che ingiustamente insulta le forze dell’ordine senza motivo c’è sempre, tre o quattro non di più, neutralizzati rapidamente. Intelligentemente i portavoce, Battista e Ranieri, hanno suggerito ai manifestanti di fermarsi, riunirsi in cerchio, in sit-in, lanciare messaggi e cori ad alta voce, nell’illusione che il suono e la parola potessero arrivare al tavolo del vertice: Noi vogliamo vivere, Todisco, Taranto Libera
Giudicate voi alla fine quanto fosse pacifica l’atmosfera se addirittura qualcuno con la maglia “Taranto Ribellati, stop all’inquinamento” poteva chiacchierare con poliziotti sorridenti. Operazione civiltà e coraggio riuscita con successo incontestabile!
Taranto, è diventata caso nazionale grazie alla Magistratura, al gip, al procuratore capo di Taranto. Sabato, tutte le testate nazionali hanno pubblicato articoli. I tg spesso hanno aperto con la notizia del vertice con i due ministri. Tuttavia, è il lavoro a catturare la loro attenzione, la cultura della fabbrica a tutti i costi. Non il disastro ambientale o l’avvelenamento al quale Taranto ed i tarantini sono stati sottoposti come vittime sacrificali, a tutti i costi, anche quelli delle mazzette e della corruzione (e mi chiedo con quale faccia tosta abbiano querelato gli ambientalisti in passato).
Gli osservatori nazionali hanno a volte fatto alcuni errori nella divulgazione, o se non sono stati gli inviati, l’hanno fatto titolisti o impaginatori del desk. Ad esempio, non tutti hanno capito la storicità della manifestazione di Piazza Maria Immacolata, dove sono stati proprio operai dell’Ilva e dell’indotto a coordinare tutti: gli stessi fondatori del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti, quelli dell’apecar, che hanno unito le forze dei cittadini attivi e con la loro testimonianza diretta hanno tolto di bocca alla politica il solito alibi secondo il quale senza il consenso degli operai l’ambientalismo non avrebbe avuto futuro. Questi operai hanno denunciato le condotte anti democratiche dei sindacati, il mobbing e la prepotenza aziendale, le violazioni delle regole, specie la notte. Ed hanno già sbugiardato tecnicamente la notizia dell’indurimento dei parchi minerari con un gel, spiegando che è già stato sperimentato con insuccesso dall’Ilva, perché distrugge gli ingranaggi dei macchinari preposti ad irrorare le colline di minerale.
In alcune cronache, si è detto erroneamente che in città c’erano solo ambientalisti, sull’appia solo operai. Niente di più sbagliato: nel borgo di Taranto si manifestava contro il ricatto occupazionale, il mobbing, i sindacati, l’inquinamento imposto, e per la salute e per l’ambiente, in supporto alla Magistratura, con operai, associazioni ambientaliste e dell’associazionismo assistenziale in favore degli ammalati di cancro e leucemie, particolarmente; sull’Appia, in buona fede forse, si manifestava a favore del sistema “sindacati, azienda, posto di lavoro” in due ore concordate da Fim e Uilm.
Altro abbaglio, in un articolo, è stato riportare che a guidare il movimento c’era Legambiente, ma non è stato affatto così, perché Legambiente si è aggregata ad una proposta coraggiosa del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti, ed altri attivisti al grido di “Taranto Libera”, del cartello dell’alleanza civica sopravvissuta alle prime esperienze di Altamarea. E, se dobbiamo dirla tutta, a fare da ariete negli anni ci sono stati Fondo Antidiossina Onlus, Peacelink. Sono stati loro a fare le azioni più plateali. Certe cose è bene che si sappiano. Non basta un banchetto di Legambiente organizzato ad arte sotto i riflettori a dare l’idea che a Taranto sia Legambiente a coordinare questi movimenti, quando al massimo raccoglie i frutti ed a volte tira le somme mediaticamente dopo che altri hanno rischiato e rischiano ancora la loro incolumità e ritorsioni per inseguire un ideale.