Presa Diretta sul caso Ilva di Taranto. Riflessioni a freddo su Fiaccolate, Taranto Libera e Sit-In

Riflessioni, dopo la messa in onda di “Presa Diretta”, di Riccardo Iacona, dedicata in gran parte al caso “Ilva” di Taranto, sono necessarie. Si impone un pensiero, quasi una recensione, di parte, la mia, ovvero chi l’aria di Taranto la respira, la gente sofferente di Taranto la vede tutti i giorni, e la notte sente quel rumore improvviso, un aumento di volume progressivo, quando l’inquinamento inizia a superare le soglie d’allerta nell’acciaieria. Finalmente, in Rai, su Raitre, il 27 gennaio 2013, dopo una disinformazione di propaganda vicina alla censura, viene trasmesso un racconto corretto, onesto, di quanto noi abbiamo urlato al vento con blog, social, giornali telematici, fino a costringere tutta la stampa a cercare di cambiare linea editoriale dopo aver perso la fiducia dei lettori. In Rai, ricordo servizi corretti pomeridiani di “Parliamone in famiglia”, di Vittorio Introcaso, e poco altro nella narrazione di questi difficili mesi. L’Italia, pertanto, solo domenica scorsa ha potuto vedere e sentire gran parte, di quanto noi di Taranto abbiamo vissuto in prima persona, considerandole informazioni inedite e d’inchiesta. Apprezzo lo stile della trasmissione, la qualità televisiva, eppure, ovviamente, noi, non abbiamo notato inchieste o scoop ma la sintesi professionale in prima serata di quanto detto e postato in questi mesi. A volte, perfino in questo blog. Piuttosto, ho colto quel taglio editoriale a favore degli ammalati ed il tentativo di spiegare come in altre città, ad esempio Linz, in Austria, vent’anni fa si sia deciso di stoppare l’inquinamento industriale, o ancora quali biotecnologie potrebbero ripulire le terre inquinate. Vent’anni fa…invece Taranto iniziava il suo periodo buio, di inquinamento, corruzione, involuzione etica, nella quale i giornalisti di “Ambiente Svenduto” hanno dato la loro mano. E come allora i tarantini potrebbero sperare di diventare ecosostenibili con questa proprietà indagata ed agli arresti? Che, mentre altrove ambientalizzavano, qui corrompeva per continuare ad inquinare? Nello stesso ventennio? Ecco perché forse il dibattito sulle strategie di conversione dovrebbe continuare, ed esplorare tutte le alternative possibili. Non vi pare? Così come nessuno, eccetto comitati di cittadini e chimici come Legamjonici, si è fatto domande significative sull’ultima Aia rilasciata all’Ilva con prescrizioni, diventata il cavallo di Troia per decreto e legge Salva Ilva. Nessuno si è infatti chiesto ai piani alti dell’informazione se fosse lecito rilasciare un’Aia ad un’area a caldo sotto sequestro preventivo per disastro ambientale doloso ed avvelenamento. Nella ricostruzione d’effetto di “Presa Diretta” – primo programma di approfondimento onesto sull’Ilva di Taranto dopo “Piazza Pulita”, “L’Infedele”, e, se pure non con gli stessi risultati, “Servizio Pubblico, tutti su “La7”, eccetto sparuti servizi e collegamenti con meno ascolti e diffusione – però mancavano ancora le affollate manifestazioni di piazza dei tarantini a favore della Magistratura, contro i decreti incostituzionali, in ricordo delle vittime dell’inquinamento. Soprattutto i citizen reporter hanno documentato in questa fase. Ci furono la fiaccolata del 5 ottobre 2012, la grande manifestazione del 15 dicembre 2012, “Taranto Libera” (già un brano musicale e presto una rassegna d’arte pittorica all’insegna di questo motto) dove forse si sono raggiunti picchi considerevoli, 20.000 manifestanti. E decine e decine di sit-in, assemblee civiche, iniziative. Ancora oggi, la città attende un riflettore su questa partecipazione massiccia, di famiglie, cittadini, lavoratori, ambientalisti. Qualcuno pensa che stia cambiando il vento e che la gente non voglia manifestare, ma non è vero, non ha mai smesso di farlo ed aspetta ancora che qualcuno parli della imponente manifestazione del 15 dicembre 2012. Le stesse persone non hanno cambiato idea e regolarmente partecipano a tanti altri piccoli incontri. Uno fra tutti il sit-in in occasione dell’ennesimo “Clini Day”, il 23 gennaio 2013, con una città blindata, misure di sicurezza straordinarie, zona rossa, e gli attivisti intenti a snobbare il ministro ed a fare la loro manifestazione, come al solito poco sostenuta mediaticamente, in Piazza Maria Immacolata, con le sagome di “Verità per Taranto” in memoria delle vittime dell’inquinamento.

Fiaccolata dall'alto del balcone di Simone Mairo

Scatto di Simone Mairo, postato su twitter, dal suo balcone, della “Fiaccolata del 5 ottobre 2012 per la Magistratura ed in ricordo delle vittime dell’Inquinamento”.

 

“Taranto Libera”

Foto di Luca Furlanut, Riproduzione Vietata.

15 Dicembre 2012 Foto di Luca Furlanut, Riproduzione Vietata.

23 gennaio 2013, zona rossa del “Clini Day” e sit in di “Verità per Taranto

 

Malederba e Majin Rap Hc: la rabbia concentrata in un sound contaminato, rock e rap

“Hey man, il pugno contro il muro di chi vive nella città di ferro…”

 “Hey man, nonostante tutto, così viva resterà”

 “L’aria intorno è diossina, così vicina, l’aria che in fondo respira anche la tua bambina”

Ci sono tanti modi di raccontare e trasmettere la rabbia. Il più efficace è la musica. Perché aiuta a canalizzare in un flusso artistico sentimenti intossicati, arrabbiati, nervosi di chi vive alle pendici della zona industriale di Taranto o raccoglie l’urlo di dolore di chi respira polveri bruno rossastre di minerale tutti i giorni, le notti, specialmente quando arriva la tramontana. Quel flusso diventa messaggio, condivisione, comunicazione ed aiuta a far crescere la cultura della vita attraverso il racconto in musica ed immagini eco-insostenibili, storiche e nuove, in ricordo delle morti possibili, ed evitabili. Il modo giusto di arrabbiarsi, è questo. Non la violenza ma un’arte estrema fatta di narrazioni forti e suoni, tentando di parlare a chi non vuole ascoltare, con un videoclip fai da te, destinato a diffondersi nei social network. Mi sono imbattuta nel pezzo contaminato dei Malederba, rockettari, e di Majin Rap Hc, con il loro “Hey Man”. Caricato su youtube, a fine luglio del 2012, nei giorni del decreto sul sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto per disastro ambientale ed avvelenamento, lo segnalavano su FB ad ottobre, in coincidenza, senza volerlo, con i giorni della “Giornata Nazionale in ricordo delle Vittime sul Lavoro”. Il video è un montaggio di: quelle vecchie immagini in bianco e nero sulla distruzione di masserie, ulivi, prima dell’Italsider; recenti filmati a raggi infrarossi degli slopping notturni fuori legge dell’Ilva; raccolta di sedimenti inquinati, da parte del Fondo Antidiossina Onlus, davanti agli scarichi di raffreddamento dell’Ilva nei pressi della rada di Mar Grande; la strage degli agnelli innocenti, positivi alla diossina ed ammazzati, al mattatoio, stroncando le attività degli allevatori; i tentativi del giornalista, Alessandro Sortino, di intervistare i Riva anni fa’, se non sbaglio ai tempi di “Malpelo” (oggi i vertici sono agli arresti domiciliari, sottoposti a misure cautelari); l’alienazione dei lavoratori, vittime due volte, del mobbing aziendale, della prepotenza, e della maggiore esposizione ad inquinanti ed incidenti sul lavoro (diminuiti solo perché sono diminuiti i posti di lavoro, come la stessa Inail ha sempre spiegato e come io stessa ho scritto in passato in articoli di giornale). Tra una sequenza e l’altra, c’è il loro testo, forte, duro, tutto dedicato al riscatto dei tarantini costretti a respirare ed intossicarsi, troppo a lungo. In un commento, uno dei rocker, Antonio Marzia, ha scritto, riassumendo l’essenza del brano: «Contaminazioni Rap per un pezzo Rock che esprime un disagio comune, un problema che lega Taranto e le sue province con un filo a doppio nodo: da un lato la presenza schiacciante e invadente di un’industria che intossica il territorio, dall’altro le migliaia di famiglie che inevitabilmente dipendono dalle opportunità di lavoro che la stessa industria offre. Ormai è comune nei tarantini e chiunque presti forza lavoro nella città di ferro, convivere con il dubbio di chi si trova a decidere tra lavoro e salute, mentre istituzioni e uomini di potere fanno marcire un territorio che avrebbe potuto decisamente offrire di più».

Narratori di se stessi: filmmakers, cantastorie e la comunicazione sul caso Ilva diventa virale ed emozionata

Essere narratori di se stessi, un po’ menestrelli, un po’ filmmaker, un po’ cantastorie. Succede ai tempi dei social e dei video virali, quando, con un click ed un montaggio, si compie il rito della democrazia partecipata, e si dribblano giornali e tv tradizionali, complici di censure, disinformazioni, selezione miope delle priorità.

 

Ognuno con il suo smart phone, la sua macchina fotografica, la video camera, per il rito collettivo del “broadcast yourself”

 

E, così, lo scatto di Simone Mairo, dal balcone di casa sua, twittato durante la “Fiaccolata in sostegno alla Magistratura ed in ricordo delle Vittime dell’Inquinamento”, il 5 ottobre tra l’Arsenale e Piazza della Vittoria a Taranto, è diventato uno dei simboli della fiaccolata di luce, cuore ed emozioni.

https://twitter.com/simmairo/status/254280583692312576

Fiaccolata dall'alto del balcone di Simone Mairo

Scatto di Simone Mairo, postato su twitter, dal suo balcone, della “Fiaccolata del 5 ottobre per la Magistratura ed in ricordo delle vittime dell’Inquinamento”.

L’istinto è stato scattare, fare live tweeting su twitter, immortalando un corteo, secondo le valutazioni dall’alto, di 10.000/13.000 persone, e poi scendere ed unirsi alla folla.

Potranno gli old media non tener conto di come la gente abbia bisogno di vedere queste storie raccontate sui giornali?

Oggi, una coppia di esponenti della Taranto culturale ed accademica mi ha confessato di non aver saputo nulla della fiaccolata, perché abituata ad informarsi con gli old media, carta stampata e tv generaliste. Forse non attente quanto i social media a queste informazioni?

Altro modo di partecipare alla narrazione, è ormai creare sequenze di foto, inserti musicali e video amatoriali, dove lanciare messaggi attraverso la melodia scelta, gli scatti, i testi inseriti di copertina e titoli di coda.

In questo modo, si contribuisce a creare vie di mezzo tra slide show e filmati. E, spesso, diventano virali perché veicolano un’emozione forte, questa volta il senso di appartenenza ad una Taranto in ribellione, pronta a lottare per la legalità e la vita.

Eccone alcuni esempi.

Nella sequenza di Michele Zaratta c’è una base strumentale da Imagine di John Lennon in sottofondo:

 

 

Oppure, nella sequenza di Gaetano Renna, si parte con una musica che ricorda le cornamuse alla testa della fiaccolata, Shoots and Ladders, dei Korn, e si finisce con l’unico altro suono della fiaccolata, l’applauso a ritmo, del battito cardiaco…mi piace pensarla così, in Piazza della Vittoria. Ma al momento, si può solo tentare di aprire un link di fb per provare a vederlo:

 

http://www.facebook.com/video/video.php?v=4145905300453

 

Nella giornata tra il 4 ed il 5 ottobre, o tra il 5 ed il 6 ottobre, Andrea Basile ha confezionato in time lapse un filmato con in sottofondo “O Fortuna” dei Carmina Burana. Obiettivo puntato sull’Ilva, con l’area a caldo sotto sequestro preventivo per disastro ambientale doloso ed avvelenamento, Aumedia Produzione. Intitolato la “Fucina di Efesto”.

Questa la descrizione tecnica:

12 ore di Taranto… il video è un timelapse di circa 12 ore, dalle ore 20.07, alle ore 7.30 del mattino, montato su 4022 scatti fotografici ripresi ogni 10 sec.
Data riprese: 5 Ottobre 2012, quartiere tamburi: Produzione Aumedia. Realizzazione, Andrea Basile”.

 

 

Commentando da Youtube, così si esprime l’autore: “Non è uno stato d’animo é il mio stato d’animo da residente del quartiere tamburi dopo 15 anni, ogni montatore potrebbe montare questo video con altre 3000 colonne sonore differenti. Il video non nasce con l’idea di fare un video virale, mi creda non sapevo neanche di avere tali risultati, l’anno scorso ho pubblicato un video simile ma nessuno l’ha considerato”.

Il bisogno di partecipazione e comunicazione libera, cambia le regole, dal basso, e porta il flusso di informazioni tra i cittadini attivi con una informazione fai da te non sempre professionale nella tecnica ma assolutamente efficace nella diffusione e nel messaggio. A volte con doti di viralità non volute eppure inarrestabili.

Gli old media quando si sveglieranno dal torpore? E quando impareranno ad interagire con questo bisogno di comunicazione onesta di chi della corruzione mediatiche non ne può davvero più? Di chi ha i mezzi per sbugiardare i disinformatori con la velocità di un fulmine?

Non ci resterà che bloggare.

 

5 ottobre 2012, la “Fiaccolata per la Magistratura in ricordo delle Vittime dell’Inquinamento”

le famiglie di Taranto, ognuna con il suo “perché”, erano alla “Fiaccolata per la Magistratura ed in ricordo delle vittime dell’Inquinamento”, il 5 ottobre 2012, nel centro del Borgo, in una lunga via, a tratti pedonale, dove di solito nel fine settimana si passeggia, si guardano le vetrine, si cercano le offerte. Dalla mattina, è iniziato il passaparola su come trovare le fiaccole, o al massimo crearsele da se, o procurarsi un lumino, una candela protetta, una torcia elettrica. Via social network, era stato creato l’evento, ed era iniziata a circolare la notizia della fiaccolata. Alle 19, e forse anche prima, percorrendo le vie Di Palma e d’Aquino, verso l’Arsenale, potevi captare i discorsi dei tarantini, orgogliosi di aver trovato il modo di confezionare una luce, una fiaccola, all’ultimo momento. E tanti di loro, apprendendo della fiaccolata guardando le vetrine di alcuni negozi, hanno scelto, sul momento, d’istinto, di partecipare. Tra i partecipanti, c’era un medico, con un cartello, dove elencava le vittime della sua famiglia. Provate a fare di quel ricordo, scritto, su un cartello, il pensiero di ogni cittadino, su un proprio caro ammalato o scomparso, un amico svanito prima del tempo, un bambino strappato ai sorrisi dei suoi amici in tenera età. A portarlo via, un brutto male arrivato troppo presto, a causa dell’inquinamento industriale e dei danni genotossici al dna, di generazione in generazione. Non sarebbe dovuto accadere. Provate a moltiplicare quel pensiero per le tante luci di venerdì sera, forse 6000, secondo un primo conteggio, o 13.000 secondo una entusiastica stima degli organizzatori? Fossero stati anche 10.000, comunque sono stati 10.000 pensieri verso chi non c’è più, verso chi soffre, e verso chi lotta per la vita. Era un corteo silenzioso, di famiglie, con bambini piccoli, e di persone più adulte. Gli unici suoni sono stati la cornamusa, alla testa della fiaccolata dall’Arsenale a Piazza della Vittoria, ed un applauso, a ritmo, il ritmo del cuore, alla fine del corteo di fiaccole e luci. Un’atmosfera così contagiosa che ognuno cercava tra la folla lo sguardo di qualcuno, cercando una condivisione reale, profonda, di un momento di partecipazione importante, per tutti, partendo però dalla coscienza e dagli affetti di ogni singola persona presente.

Alcune fiaccole, alcuni lumini, sono stati riposti sulla ringhiera del monumento ai caduti, dove si poteva scorgere un disegno, per certi versi inquietante, di un Cristo immolato su un camino dell’Ilva.

Si voleva trasformare quel luogo, per una sera, nel luogo del cuore, dei ricordi, e delle lotte per la vita, di oggi, e di domani.

 

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Taranto in “Svolta”. La parte sbagliata sono Reati Ambientali, Mobbing e Corruzione. Non si può sbagliare

Fa uno strano effetto rendersi conto di essere testimoni oculari di una svolta culturale importante, di un periodo delicato, a Taranto. Sto parlando di Ilva? Di lavoratori dell’Ilva e dell’Indotto? Di Industria? Di Mortalità? Di Inquinamento? Di Ambientalisti? Di Biofili? Di Scienziati ed Epidemiologi? Di Medici? Di Chimici? Di Cittadini Attivi? Di Magistratura?

In realtà, sto parlando di una svolta capace di raggruppare tutte le istanze: “Il bisogno di legalità e rispetto”.

Un senso di indignazione prima vissuto nel silenzio della propria coscienza, adesso accomuna tante persone per bene di buona volontà, ognuna con una sua storia, una sua formazione, ed una storia di vessazioni ed oppressioni. Tutte con un solo scopo: stare dalla parte della giustizia, delle leggi, della persona umana onesta.

Rifletteteci e ritroverete quel senso di unità vacillante quando sopraggiunge la paura.

Da oltre un decennio, quelli con la schiena dritta, hanno vissuto isolati: i magistrati a cercare di far rispettare i sequestri dei parchi minerari prima, dell’area a caldo dell’Ilva poi, e la politica tutta impegnata a neutralizzare le sentenze di condanna definitiva all’ultimo grado di giudizio, ritirando le costituzioni di parte civile e bloccando i risarcimenti; gli ambientalisti a rischiare la propria sicurezza per denunciare sversamenti e fanghi sospetti nei due mari di Taranto, slopping tossici quando l’acciaieria veniva e viene spinta al massimo pensando ai premi produttivi dei livelli più alti dei “feudi/reparti” del centro siderurgico, e portando lavoratori non formati a dovere, non per loro volontà ma per ulteriori risparmi dell’azienda, a fare errori umani dovuti alla pressione continua: “produrre, produrre, produrre”; lavoratori considerati scomodi in fabbrica perché cercavano di opporsi alla mancanza di sicurezza ed al mobbing, a quella sottocultura prepotente di questi feudi interni dell’azienda all’origine dei fenomeni di slopping e di tutti quei casi di inquinamento fuori norma documentati nel dossier dell’Incidente Probatorio all’origine del sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva per disastro ambientale doloso ed avvelenamento; a pensarci, dietro il simbolo dell’Ilva, accusata di slopping, c’erano lavoratori costretti a subire pressioni psicologiche, senso di colpa, ed il massimo dell’inquinamento doloso; e poi c’erano chimici, medici, infermieri, cittadini attivi, a raccogliere storie dello spolverio della tramontana, con quei colori rosso-brunastri, allergie e malattie croniche, cancri in giovane età, scientificamente impossibili ma possibili se si scopre quanto certi inquinanti, dal benzo(a)pirene alle diossine, fino agli IPA, possano danneggiare il dna delle generazioni future a partire dai 9 mesi di gestazione di mamme magari vissute a contatto di quei veleni; e poi in ultimo c’erano i giornalisti precari, con senso dell’etica, costretti a diventare blogger per raccontare, da esseri umani, storie di inquinamento e mobbing aziendale.

Cosa accomuna tutte queste segnalazioni e sofferenze? Stare dalla stessa parte: La legalità.

Dall’altra parte, c’era un sistema di corruzione, prepotenza, vessazione, capace di generare il reato di disastro ambientale doloso ed avvelenamento contestato all’Ilva. E documentato da un triennio cruciale di indagini, partite da centinaia di esposti per denunciare danni a cose, persone, ed economie alternative come l’allevamento degli ovini.

Dalla parte opposta alla legalità, secondo me sta: chi ha ignorato le eco-sentinelle ambientaliste, oggi diventate video blogger; chi ha ignorato la denuncia di chi prima era nei sindacati ed oggi sale con dignità sull’apecar; chi quando si facevano le merce a piedi Taranto – Roma per chiedere acceleratori lineari non si è chiesto perché a Taranto si stava profilando una emergenza sanitaria; chi ha aspettato di far deteriorare gli ecosistemi del Mar Piccolo e del Mar Grande fino ad intaccare l’economia mitilicola e casearia/agricola, prima di credere ai dati degli studi; chi nega la scientificità di studi ministeriali sulla mortalità e morbosità; chi ha spinto i cittadini attivi a fare ogni tipo di segnalazione perché il territorio era sordo e rassegnato.

Cosa deve unire in questa fase? La richiesta del rispetto delle leggi; e la sanzione soprattutto morale del “Sistema” di Corruzione.

Ognuno porta il suo fardello: l’ambientalista ha segnalato; il cittadino ha sofferto ed urlato; il lavoratore è stato mobbizzato e minacciato; lo scienziato non è stato creduto.

Non sono loro che ora devono dividersi e scegliere quale potrà essere una soluzione migliore ma sarà la magistratura a fare sintesi: sanzionare e condannare i colpevoli di reati ambientali ed i corrotti della cricca del dolo e della mazzetta.

Ognuno di loro, secondo me, deve sentirsi libero di esprimersi ma non condannando la posizione dell’altro, semplicemente scegliendo i concetti capaci di unire e non di dividere nella fase finale di passione civile più sensazionale e rivoluzionaria che la molle Tarentum abbia mai vissuto da quando io respiro questa aria, affacciandomi sui due mari, con le polveri ed i fumi non convogliati all’orizzonte.

E quando la Magistratura avrà chiarito, facendo rispettare le leggi, quale sarà il percorso, sarebbe bello vedere fior di creativi tra i cervelli in fuga pronti con progetti di ricollocazione nel cassetto, o fior di consulenti del Governo pronti a studiare i casi felici di Pitthsburg, negli Stati Uniti d’America…

(http://www.ail.taranto.it/index.php?option=com_content&view=article&id=136%3Aoltre-lacciaio-i-sogni-realizzati&catid=58%3Aambiente-e-salute&Itemid=100)

per dare giuste risposte a tutte le vittime di Taranto, ognuna dalla parte della legalità, o pronti a rassicurare tutti quei lavoratori, tra operai, coordinatori, capi reparto, di Ilva o Indotto giustamente spaventati per il loro futuro.

Il loro coraggio di denunciare le irregolarità a bordo di un apecar va premiato con un impegno: ascoltare, ripagare la loro sofferenza in fabbrica, rispondere alla loro paura, e rassicurare che mai e poi mai se Ilva dovesse essere ulteriormente condannata, per mancanza di volontà nell’adeguare davvero impianti giudicati illegali, perfino dagli stessi lavoratori ormai, smetteranno di lavorare.

Nel resto del Paese, pochi hanno compreso che i lavoratori della zona industriale non sono tutti liberi di parlare: ci sono quelli dell’apecar, Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti, tra chi ha denunciando l’azienda e protesta bloccando la produzione (quanta dignità in queste persone e quanto coraggio, ammirevole); quelli vessati dai capi reparto che volentieri starebbero con quelli dell’apecar ma hanno paura; quelli che hanno scelto di difendere la linea sindacale di due sindacati confederali.

Poi ci sono gli ambientalisti di facciata, politicizzati e quelli veri che rischiano la vita dagli anni ’90.

Le associazioni di famiglie e cittadini vicine ad ognuna di queste istanze.

Uno Stato civile dovrebbe capire che ora è il momento di dire: Se Ilva non rispetta le leggi e viene incriminata, ci sia un piano B per tutti gli operai dal primo all’ultimo. Non possono essere loro a scegliere di chiudere la fabbrica, né tutti gli altri. Ci devono pensare i tecnici, gli esperti.

Dove sono? Perché si limitano ad ignorare o confutare dati reali e non hanno un sussulto che parta dal loro inconscio?

Economisti, universitari, “sviluppisti”, cosa fate? Perché non avete uno scatto d’orgoglio? Vero, reale, tangibile, e non urlato nei social network?

Se siete contro i corrotti o i corruttibili o i corruttori, fatevi vivi!!!!!

Nel frattempo, Taranto si prepara:

il 1° ottobre alla diretta de l’Infedele dai Tamburi, da Piazza Gesù Divin Lavoratore ….E Gad Lerner nel lancio della trasmissione ha sintetizzato tutti i nodi spinosi della vicenda con il massimo rispetto e la massima professionalità, con questa premessa: 

“L’Infedele si trasferisce a Taranto perché l’Ilva è il più tipico dramma italiano in cui chi poteva s’è eclissato mentre la popolazione si ammala e trema per i licenziamenti.
Lunedì L’Infedele in diretta dal quartiere Tamburi di Taranto, in cerca di una soluzione e di qualcuno che la paghi “

Il 5 ottobre alla fiaccolata per la magistratura e le vittime dell’inquinamento organizzata da Fondo Antidiossina Onlus, Peacelink e Donne per Taranto;

ed il 13 ottobre ci sarà una manifestazione promossa dal Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti: per coinvolgere maggiormente la cittadinanza alla manifestazione sono previsti volantinaggi presso le scuole, mercati rionali, portinerie dell’ilva e iniziative di assemblee pubbliche nei quartieri.

Non c’è niente di male nel promuovere in autonomia manifestazioni. In tanti, hanno partecipato il 17 ed il 30 agosto con lo stesso spirito.

Stiamo tutti dalla stessa parte: la Legge.

Dall’altra ci sono: Criminali e Corrotti.

Per dirla con un cartello del 30 agosto ironico…
Divieto di circolazione ai mezzi pesanti: apecar e gip!