25 anni sui 96.500 mhz di Radio Cittadella

Succedeva 25 anni fa’. Nasceva Radio Cittadella grazie alla donazione di una frequenza di Studio 100. L’aveva voluta con caparbia Monsignor Guglielmo Motolese e non a caso oggi è San Guglielmo. La radio esiste ancora, l’antenna regge, la Fondazione San Raffaele Cittadella della Carità, a Paolo VI, a Taranto, mi auguro davvero sia disposta a sostenerla perennemente. Nonostante, alcuni passi in avanti, verso la contemporaneità le consentirebbero, alla radio, di svolgere al meglio possibile il suo compito nella comunicazione sociale. In questa radio, io, ci ho passato 9 anni della mia vita, tra l’8 marzo del 1999 ed un imprecisato giorno del 2008. Quante occasioni oggi ci sono, per mettersi in gioco? Sperimentare? Chi ti da fiducia? Radio Cittadella mi ha consentito di provare e testare chiavi di comunicazione, narrazione e cultura teatrale e musicale. 

 

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Nella foto di gruppo, io sono in verde, accanto c’è Marina Luzzi, dietro Ottavio Cristofaro. Proseguendo la fila, Francesca Passantino, Leo Spalluto, la direttrice Gabriella Ressa, Silvana Giuliano, la prima direttrice della radio Maria Silvestrini, Valeria D’Autilia, Fabiana Di Cuia, Enrico Losito, Gabriella Fumarola, Maddalena Orlando. Non ricordo gli altri nomi.

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Le idee, oggi, lasciano spazio alla malinconia, perché gli itinerari a volte cambiano, e ad un velo di commozione, dopo essere entrata nuovamente negli studi della radio, c’è. Ho evitato a lungo, perché ricordare, spesso, intristisce. Bisogna iniziare a convivere con il passato, il presente, il futuro. Auguri a chiunque continuerà a far viaggiare l’entusiasmo, l’incoraggiamento, la fiducia, l’ascolto, sui 96.500 mhz di Radio Cittadella, con queste foto del 16 maggio del 2007 insieme al Santorsola Guitar Quartet, in concerto in diretta radiofonica.

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L’antenna di Radio Cittadella

Apertura Mentale: Torre dell’Orologio, Flying Circus Small Press Book Store e Radio Flo in 48 ore

Ah, maledetto stress….mi stavo dimenticando di raccontarvi il mio giro al Flying Circus Temporary Small Press Book Store del 17 e 18 gennaio scorsi. Si, va beh, insomma, una libreria temporanea 🙂 Io ci sono stata il sabato sera, il 17. Era emozionante osservare l’entusiasmo di tutto il gruppo de “Le Sciaje” e della Torre dell’Orologio nel vedere quel luogo della loro città vecchia rianimarsi. La cosa, in sostanza, funzionava così. Un gruppo di giovani intraprendenti vanno in giro in Puglia con un camion pieno di libri ed allestiscono librerie temporanee. Un via vai incuriosito, grazie al passaparola via social network, ha consentito alla libreria temporanea di essere vitale lungo le sue 48 ore o quasi di vita.

E non posso non ricordarvi la maratona degli illustratori. Se, a scuola, si fa il compito in classe entro un certo orario, loro facevano l’illustrazione ispirandosi ad un tema. Ed a qualcuno ho pure rubato 5 minuti con le mie domande. Ma, elegantemente, non ha richiesto tempi aggiuntivi ed ha pure finito prima!

Meno male! Se no, sapete che senso di colpa?? 🙂

E poi tutti zitti (macché, parlavano di brutto, specie la cricca di attori) quando è iniziata la trasmissione della web radio, Radio Flo. E, tra me e me pensavo – dopo 9 anni in una radio con frequenze in Fm – queste non sono un po’ come le radio libere di una volta? Con una differenza notevole, grazie alle nuove tecnologie la diffusione può sfuggire alla nostra immaginazione.

Tirando le somme di questo ricordo di metà gennaio: ma, ditemi un po’, come mai io riesco ad interagire con questi mondi e tanti altri non ci riescono? Forse dipende dalla precarietà nella quale io, come tanti, sono cresciuta? E, quindi, dalla necessaria propensione ad intercettare la creatività dei provvisori momenti di cultura itinerante? Chissà. E, comunque, un metodo di fondo c’è ed unisce tutte queste realtà. Due sole paroline (chi lo diceva, Ilaria?): Apertura Mentale.

Il sogno di fare il pescatore, nel film documentario “Buongiorno Taranto”

Dedicato ai bambini ed ai malati di Taranto…..

La mia recensione su “Buongiorno Taranto”, pubblicata su Nuovo Quotidiano di Puglia, il 1° maggio 2014, dopo la proiezione fatta il martedì precedente, il 29 aprile, in quel parco, il Parco delle Mura Greche, simbolo di una partecipazione attiva costante, capace di attrarre 100.0000, forse 200.000 persone al concertone del “Primo Maggio a Taranto…..”. Il senso del film è un itinerario verso la luce, nella speranza di lasciarsi alle spalle il buio. 

Mare, luce e orgoglio di dire: “siamo tutti tarantini”. Il film documentario di Paolo Pisanelli, “Buongiorno Taranto”, è un racconto di risveglio, rinascita e speranza. Il primo fotogramma, immerso in rumori e colori delle nostre acque cristalline, con fondali sabbiosi, e l’ultimo con il concerto del “Primo Maggio a Taranto” in mezzo a flashback di “Giù le mani dal Mar Piccolo”, al motto di “Taranto Libera”, racchiudono l’anno cruciale della città ed i suoi raggi di sole, attraverso la vita dei cittadini attivi, dal 2012 al 2013: la reazione fiera del movimento dell’apecar, la vita di tutti i giorni ritornando alle radici del borgo antico e della pesca, i fermenti culturali sani dei giovani di “Le Sciaje”, “Ammazza che Piazza”, “Officine Tarantine”. Il Parco delle Mura Greche non poteva non essere il luogo della prima proiezione a Taranto, l’altro ieri, alla presenza di Michele Riondino (nel ruolo di se stesso e di cantante sul palco con i “Revolving Bridge”), Cataldo Ranieri e tanti altri.

Il finale del film documentario, con Michele Riondino, nel Primo Maggio del 2013

Il finale del film documentario, con Michele Riondino, nel Primo Maggio del 2013

Ognuno, con un pezzo di cuore in una sequenza. Passo dopo passo, i cittadini sono stati fonte d’ispirazione del regista, approdato qui nella fase delicata del sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva: «Non venivo da quando ero piccolo – ha raccontato alla prima tarantina – nel 2012, ho visto una città bellissima in pieno conflitto. Ed all’inizio non riuscivo a capire perchè. Sono caduto dentro questa città e l’avventura di un video blog e di un film documentario. L’idea è stata raccontare una città in guerra, alienata tra le sue stesse bellezze». Il primo cicerone di Paolo Pisanelli è stato “il pirata”, Tommaso Presicce. Trascorrendo il tempo con lui, ha trovato la via narrativa dell’opera di Big Sur ed OfficinaVisioni con il sostegno dell’Apulia Film Commission. Ha affidato ad una radio di strada, con gli studi nella Torre dell’Orologio, la tessitura della trama. Gli abitanti sono stati conduttori e radio speaker inviati della radio web, definita nomade e cineocchio digitale, in diverse manifestazioni e presidi, laddove era il punto di vista delle persone ad essere a fuoco e non tanto motivazioni o date precise di ogni protesta.

Sotto quella maschera, Gianni Raimondi, artista dotato di grande ironia. Era il Presidio permanente "Fuori dal Comune" di Taranto

Sotto quella maschera, Gianni Raimondi, artista dotato di grande ironia. Era il Presidio permanente “Fuori dal Comune” di Taranto

Una narrazione in mano alla semplicità degli individui, incontrati proprio quando si scrivevano pagine di storia, giornali, blog e nuovi media. Una cronaca di sostanza, al seguito delle fonti giornalistiche, documentata nei luoghi roventi del confronto. Ore ed ore di riprese e girato – sul campo, insieme ad esempio a Marco Cataldo, al suono, e Matteo Gherardini, al montaggio – ed almeno quattro revisioni prima di arrivare alla versione definitiva, co-sceneggiata insieme a Pinangelo Marino. Tutto scorre tra scenari suggestivi, silenziosi e naturali, fumi dell’industria, reattività sociali, aggiornamenti su caso Ilva e rischio sanitario. La chiave della narrazione sociale dal basso sta nell’illuminazione delle radici paesaggistiche e culturali, precedenti alla costruzione dell’acciaieria, ricordata con vecchi contributi giornalistici rintracciati grazie ad: Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico, Cineteca Lucana, Cineteca Ansaldo, Archivio Cinema del reale. E si consolida nel sogno spontaneo di un ragazzino della banda di città vecchia di voler diventare, un giorno, un “Pescatore“.

 

Nuovo Quotidiano di Puglia del 1° Maggio 2014

Nuovo Quotidiano di Puglia del 1° Maggio 2014

Taranto Libera. Giù le mani da Mar Piccolo.

Foto Big Sur. Taranto Libera. Giù le mani da Mar Piccolo.

In attesa della distribuzione e dei festival sui film documentario, il regista Paolo Pisanelli non riesce ancora a lasciare Taranto..

Paolo Pisanelli riprende Frank Buffoluto, I Pali delle Cozze, gli Apecar, Remigio Furlanut e Claudio Merico, il Primo Maggio 2014

Paolo Pisanelli riprende Frank Buffoluto, I Pali delle Cozze, gli Apecar, Remigio Furlanut e Claudio Merico, il Primo Maggio 2014

“Il coraggio di gridare Taranto Libera”. In una canzone di talento e cuore, la voglia di futuro alternativo senza industria avvelenante

Anni di recensioni radiofoniche, senza paura di criticare in modo costruttivo, quando c’erano lacune di scena, regia, interpretazione, scrittura.

Ed ora piango, senza freni, davanti al video di “Taranto Libera”, musica e parole di Marco De Bartolomeo. 

Non sono andata di persona, oggi, alla presentazione, lo vedo su youtube.

Mi ha informato il regista, Andrea Basile. Lo stesso autore di “la fucina di Efesto” in timelapse sull’inquinamento di Ilva.

Piango, perché questo video non è fatto solo con il cuore. Spesso, succede di sentir invocare la clemenza: “almeno…hanno fatto qualcosa, meglio di niente”. Non cogliendo l’importanza di una recensione costruttiva.

No….non è questo il caso…No!

Questa è una canzone meravigliosa! Un inno di una generazione non più disposta a stare in silenzio a subire i danni dolosi di un posto fisso avvelenato. Una prova di talento di cantanti e cantattori, registi, addetti alla fotografia ed alla post produzione.

Alcuni di loro, li ho visti, e sentiti, negli anni, a cercare di ricavarsi il loro spazio in una terra capace di rinnegare il suo spirito culturale, di compositori, drammaturghi e teatri, e farci credere di non aver mai avuto la vocazione culturale quando l’avvento dell’industria pesante ha interrotto il flusso della produzione ed esibizione. Spingendo molti degli eredi di quei tempi, con quella innata vena artistica, a dover diventare dopolavoristi, con passione, a tentare di trovare piccoli teatri e palchi, dove rimanere aggrappati al loro sogno, se non avevano già fatto il passo dell’emigrazione alla ricerca di mete creative.

Faccio fatica a mettere insieme le parole adesso. Perché non riesco a controllare questa commozione. Mi sale da dentro. Non si arresta.

Ammirevole, in questo periodo storico difficile, trovare ragazzi, giovani o meno giovani, lanciarsi in questo inno, con gioia e coraggio.

Non meriterebbe questo brano, questo video, una ribalta mediatica nazionale? Radiofonica? Si la meriterebbe. E lo dice chi quando c’era da fare il critico delle arti dello spettacolo l’ha fatto in questa città.

Ecco, questo è il momento nel quale l’Italia artistica dovrebbe dimostrare di essere attenta, ascoltare, dare occasioni e messaggi di speranza. Proprio questo.

Un’Italia, a volte, geograficamente discriminante, ora dovrebbe accorgersi di questo sforzo e premiarlo.

Certo, sono di parte, si….la parte di vita, coraggio, denuncia, legalità.

Stupiteci, italiani delle ribalte celebri, accorgetevi di loro. Accade all’indomani dell’ennesimo slopping nei cieli notturni di Taranto, inquinamenti fuori norma non convogliati di Ilva, tenacemente incurante della richiesta dei custodi giudiziari di spegnere impianti sotto sequestro preventivo per disastro ambientale con dolo ed avvelenamento, in nome di un’Aia rilasciata, Autorizzazione integrata ambientale, non permessa dai decreti di recepimento della normativa comunitaria. Oggi, a Taranto, se hai un’anima ed hai visto almeno qualcuno di questi artisti, negli anni, provare ad incamminarsi nel mondo dell’arte, ti commuovi…si… ti commuovi!!!! A vedere e sentire il talento e la professionalità tecnica ed artistica di “Taranto Libera”, lanciato dall’Aut, Artisti uniti per Taranto.

Il mare, la città, un bambino appena nato con i genitori, i graffiti, il fiume Galeso attraverso la citazione musicata di un passo di Orazio (nel blog di un mio caro amico, “prof” ed esperto il testo originale e tradotto completo, http://galeso.blogspot.it/2008/05/orazio-taranto.html)

…e la speranza…..

Grazie ragazzi, vi meritate il meglio dalla vita, da una società fino ad oggi incapace di rispettare i suoi talenti migliori, relegandoli al precariato, ai margini, alla continua contrapposizione generazionale, trasformando in pretesa la richiesta del proprio spazio vitale nel cammino della vita, inseguendo sogni e progetti di vita.

Siete la migliore risposta ai tentativi di toglierci il “coraggio di gridare…Taranto Libera”.

.adesso basta! Devo riprendermi da una commozione e da un coinvolgimento emotivo liberatorio…!!!!!!

 

 

Musica e Testi: Marco De Bartolomeo
Regia: Andrea Basile
Produzione: Aumedia di Massimo Curci

Si diffida dall’uso improprio dei contenuti audio e video. Copyright Aumedia 2012.

“ARTISTI UNITI X TARANTO (AUT)” è un progetto nato per associarsi, e con forza, alla Taranto che ha scelto di non tacere più la propria indignazione, di ribellarsi all’infamia della malattia, della morte, del ricatto occupazionale, della povertà indotta ma anche e soprattutto di insorgere contro l’ignoranza cieca, prima causa dell’autodenigrazione e origine di ogni male.
Ma è anche un progetto gravido di speranza che guarda al domani con fiducia e con la sicurezza che, con l’impegno di tutti, si potranno correggere gli errori e gli orrori del recente passato e creare le basi per un futuro radioso del quale poter essere indistintamente protagonisti.
Questo è il sentimento comune che ci ha portato a realizzare un videoclip, sulla base di una canzone interpretata da 30 artisti tarantini, con l’apporto di un équipe di professionisti (compositori, arrangiatori, attori, registi, fotografi, grafici) e studi professionali che hanno prestato la loro opera gratuitamente. Sia il brano che il relativo video, sono divulgati in forma assolutamente GRATUITA.
Riferimento:
https://www.facebook.com/pages/Artisti-uniti-per-Taranto-AUT/329851273778897

In piazze, strade, vicoli di Taranto, partecipazione e dibattito mai così intensi sul futuro con o senza acciaio. Si alla vita ed ai diritti

Da quando respiro, mi arrangio, mi barcameno sulle sponde dei due mari di Taranto, non avevo mai assistito ad una serie continua e coinvolgente di assemblee di piazza, democratiche, dove tutti possono chiedere la parola, ed informarsi insieme, guardando un filmato…lo spezzone di un trailer di un vecchio film sulla sicurezza nelle fabbriche (Il posto dell’anima, come capitò alla fine di “Io non delego io partecipo”)

Dal canale youtube di ricordo67:

 

Oppure…ascoltando un rapper cresciuto convogliando la sua rabbia nel tipico genere musicale di strada.

Una cultura ambientale ora sempre più matura e pronta a confluire in un gruppo di artisti ambientalisti: l’Aut, Artisti uniti per Taranto (http://www.facebook.com/pages/Artisti-uniti-per-Taranto-AUT/329851273778897)

Ormai, succede tutte le settimane, ed, addirittura, adesso con i social network, il Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti, http://www.facebook.com/CittadiniELavoratoriLiberiEPensanti con il suo simbolo dell’apecar della svolta, esorta a votare la piazza della futura riunione, o assemblea. Da non crederci, temendo di non essere trasparenti, i portavoce del comitato informano, chi ha aderito alle mailing list, di ogni cosa, perfino delle difficoltà e degli ostacoli in fabbrica quando la direzione dell’Ilva avrebbe cercato di non rilasciare il permesso a Cataldo Ranieri di andare in Prefettura, il 22 ottobre 2012, all’incontro del Ministro della Salute, Renato Balduzzi, con le associazioni tarantine.

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04_Intervento_Ministero_Salute_AIA_Rapporto_Taranto_2012

03_Biomonitoraggio_Rapporto_Taranto_2012

02_Qualita_dell_aria_Rapporto_Taranto_2012

01_Studi_epidemiologici_Rapporto_Taranto_2012

Era successo poco prima della presentazione ufficiale dell’aggiornamento dello studio Sentieri (sopra i pdf scaricabili, fonte,Ministero della Salute, http://www.salute.gov.it) al Padiglione Vinci del Santissima Annunziata di Taranto, da dove si coglie la correlazione tra aumento di malattie e morti e la zona industriale, con l’Ilva principale fabbrica di inquinanti velenosi. Sulla stessa lunghezza d’onda delle perizie, chimica, ed epidemiologica, disposte dal Gip, Patrizia Todisco, nell’incidente probatorio precedente al decreto di sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, ancora, lo ricordiamo, in via di esecuzione, e non annullato assolutamente. Nonostante l’Aia, Autorizzazione integrata ambientale, illegale in caso di impianti in condizioni di pericolo, se si legge il decreto di recepimento della direttiva comunitaria, e quindi con uno stratosferico vizio di forma all’origine, del quale nessuno sembra voler parlare, eccetto Legamjonici (http://legamionicicontroinquinamento.wordpress.com/)

Quel 22 ottobre, è stata una giornata di verità nelle stanze dei bottoni di Prefettura ed Asl, a porte chiuse, e di reazioni di piazza, tra la conferenza al monumento dei marinai, delle Donne per Taranto, le sagome raffiguranti morti di cancro nelle vie della città, e l’assemblea pubblica organizzata in Piazza Garibaldi, nel segno dell’apecar.

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Mesi ad attendere quei dati dello studio Sentieri, semplicemente per avere un ministro da citare quando si parla di mortalità a Taranto, un virgolettato buono a non farsi querelare nei media senza schiena dritta.

Eppure, il tentativo di riportare indietro le lancette della divulgazione c’è stato. C’era chi ironizzava sulla reazione del Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, arrivata subito nel tentativo di associare quei numeri di inquinanti e morti al pre Ilva del Gruppo Riva.

E poi la sequenza di note stampa di politici amministratori con lo stesso scopo. Qualcuno sicuramente ora ha più ansie di prima. Forse i sindacati confederali, così contestati da quelli dell’apecar per i metodi non rispettosi della dignità sul lavoro? O chi ha firmato un’Aia formalmente illegale e da revocare? O chi non si rassegna a fare da parte lesa, l’Ambiente, se dopo le indagini preliminari si arriva al processo contro l’Ilva per disastro ambientale doloso ed avvelenamento? (ah…, tra le tante note stampa del rito del copia&incolla, qualcuno è perfino cascato nella notizia scoop falsa “la gente si ammala a causa della catena alimentare inquinata, lo dice Clini”…e no lo hanno denunciato allevatori ed ambientalisti da tempo, e fa parte degli esposti alla Procura e delle premesse del decreto di sequestro preventivo, quindi evitiamo idiozie di riabilitazione dell’immagine…per favore, gli agnelli morti degli allevamenti intorno all’Ilva ancora ce li ricordiamo, le cozze distrutte anche, e certo non lo ha scoperto un ministro ieri, solo perché sta scritto in un’agenzia stampa, vi prego…).

Un aspetto significativo di questa fase, non evidentemente chiaro oltre i confini di Taranto, tra chi non è venuto sul posto, chi si informa da fuori e non ha avuto il tempo di vedere gli unici programmi televisivi nazionali completi e rispettosi su tutti gli aspetti e le sfumature della vicenda – L’Infedele, Piazza Pulita, Parliamone in famiglia, e rari servizi del Tg di La7 o di Rai News24 o TgCom24, a parte una puntata di Radio 3 Scienza, molto raramente – è la denuncia della condotta anti sindacale dei sindacati confederali, Cgil (ogni tanto con qualche ravvedimento nella Fiom), Cisl, e Uil.

Io non mi meraviglio, perché da tempo noto l’assoluta lontananza dei sindacati – compreso il grosso delle Assostampa italiane riunite nella Fnsi e prima o poi arriverà un post sui retroscena dei problemi degli organi di informazione – dai problemi delle persone, dalle esigenze dei lavoratori.

Bene, come si dice, “schiaffatevi” in testa la premessa della svolta dell’apecar: i sindacati non sono stati vicini ai diritti, secondo quei lavoratori. E gli stessi sindacati vengono invece osannati fuori da Taranto, non sono altri, #sapevatelo si direbbe su twitter.

Interrogatevi su cosa sia successo. Cambiate schema. Quando approfondite, non accontentatevi della dichiarazione di un rappresentante sindacale spesso non allineato con i disagi denunciati dal basso.

Taranto, insegna molto in questa vicenda: su quanto sia caduto in basso il diritto del lavoro, unitamente alla cultura della sicurezza e della salute, e se ci aggiungiamo la spocchia di chi definisce “choosy”, schizzinosi, i giovani di oggi, accusati di non volere accettare lavori umili, avendo come esempio fratelli maggiori tra i 30 e i 40 anni vessati e precarizzati da oltre un decennio, facciamo tombola.

C’è chi si affanna a tenere aperta la fabbrica, sperando di trovare un cavillo ed esclamare: “tranquilli, non si muore a Taranto, è stato un errore”.

Invece, questo momento storico dovrebbe servire a dare risposte alla crisi dei valori umani all’interno dell’Ilva/Feudo, alle urla di denuncia dei lavoratori liberi e pensanti, al coraggio di dire “Non vogliamo più essere assassini dei tarantini”. Una frase da brivido, un grido di dolore, in Piazza Garibaldi, dopo aver sentito la notizia dei nuovi numeri di “Sentieri”.

Ora, chi darà risposte e fiducia a questi lavoratori coraggiosi, con tanta dignità, capaci di rischiare il lavoro, pur di mettere al primo posto i diritti e la vita umana? Perché lo Stato non prepara una via d’uscita, verso una bonifica vera, non un business, una conversione di comparto, con questi operai meritatamente protagonisti della svolta? Perché non ascolta il loro appello ad inserirli in campagne di screening di massa rivolte a loro ed ai cittadini dei rioni più esposti, sulla diagnosi precoce delle patologie più insidiose, tra cancri, mesoteliomi, malattie cardio respiratorie?

Stanno smentendo tutti gli slogan sull’Aia, come ad esempio quello sul limite di produzione, spiegando come l’Ilva non avesse mai superato certi limiti.

Loro sono convinti, sentono le voci da tempo: “Riva (agli arresti domiciliari) se ne vuole andare entro il 2016, si sa, sta prendendo tempo”.

E, nel frattempo, come reagisce la comunità? Se non lo sapete, il primo cittadino dichiarava a Baobab, su Radio Uno, lo stesso giorno, lunedì pomeriggio (puntata in podcast sul sito di radiouno, 22 ottobre, da 1h e 13′, il sindaco, Ippazio Stefano): «Non possiamo abbandonare la fabbrica, dopo tanti sacrifici (umani forse?), non possiamo cambiare economia in città prima di 20 anni». E quando si inizia questa metamorfosi?

Quando ho iniziato a scrivere questo post, non sapevo nemmeno io da dove iniziare e come finire. Questo, è un racconto di chi vede la gente, tutti i giorni, la ascolta, ci parla. Dialoga con tutti, allo stesso modo. Essere giornalisti, non significa non avere una coscienza. Ed oggi, scegliere da che parte stare, è una questione di etica e di coscienza. I vili e i furbi fanno strada. Gli scomodi restano alla porta. Però, la loro dignità e la libertà di parola ed osservazione, fortunatamente ancora non potete impedirle.

Ecco le conclusioni e le sintesi al termine di alcuni dei pdf dello Studio Sentieri inseriti qualche rigo più sopra:

Considerazioni conclusive

Le sintetiche considerazioni svolte in questo documento identificano nei microinquinanti organici

presenti nel PM10 i principali fattori di rischio per la salute attribuibili all’attività dello stabilimento

siderurgico, ed evidenziano impatti sanitari differenziati nello spazio e nelle modalità di

esposizione in funzione delle loro proprietà chimico-fisiche e delle modalità del rilascio

nell’ambiente. In particolare i residenti nel quartiere Tamburi sperimentano in inverno e

primavera esposizioni significative a B(a)P per via inalatoria per la maggior parte del tempo.

Responsabile di detta esposizione e l’emissione di IPA dalla cokeria che risulta significativa per

quantità e modalità di emissione. Le cause che determinano queste emissioni rendono difficile la

loro gestione tecnologica e pongono il problema della prossimità tra sorgente di emissione ed aree

urbanizzate. In questo contesto, la riduzione della capacita produttiva dell’impianto, o la sua

delocalizzazione anche scaglionata nel tempo, appaiono al momento come le più efficaci misure di

mitigazione del rischio sanitario nell’ area di Tamburi.

L’analisi probabilistica di rischio, sebbene basata su dati incerti o poco specifici perché recuperati

dalla letteratura, indica che l’esposizione a PCDD/Fs e PCB DL dei residenti nel quartiere Tamburi

non incide significativamente sull’intake settimanale ritenuto accettabile dalla Commissione

Europea e configura un rischio analogo a quello dei residenti in altre aree urbane.

Diversamente,

la deposizione al suolo di PCDD/Fs e PCB DL e la loro capacita di penetrare nella catena alimentare rende questi composti pericolosi per ingestione attraverso gli alimenti. Ciò implica la possibilità della loro intercettazione tramite un più stringente controllo dei prodotti locali dell’agricoltura e dell’allevamento destinati al consumo umano.

IN SINTESI

Dai risultati presentati emerge con chiarezza uno stato di compromissione della salute della popolazione residente a Taranto. Questo quadro è coerente con quanto emerso dai precedenti studi descrittivi ed analitici di mortalità e morbosità, in particolare la coorte dei residenti a Taranto nella quale, anche dopo avere considerato i determinanti socio-economici, i residenti nei quartieri di Tamburi, Borgo, Paolo VI e nel comune di Statte mostrano una mortalità e morbosità più elevata rispetto alla popolazione di riferimento, in particolare per le malattie per le quali le esposizioni ambientali presenti nel sito possono costituire specifici fattori di rischio.

IL RISCHIO SANITARIO RELATIVO ALLA QUALITÀ DELL’ARIA NEL SITO DI TARANTO

In base ai dati dell’ultimo rapporto sulla qualità delle aree urbane italiane, pubblicato nel 2012, non si evidenziano a Taranto situazioni di degrado diverse dalla maggior parte dei centri urbani italiani per quanto riguarda la concentrazione media annuale di materiale particellare (PM10), rilevato dalle sette stazioni della rete di monitoraggio installata nell’area urbana.

Gli studi epidemiologici tuttavia indicano un nesso causale con le esposizioni ambientali per alcuni eccessi di mortalità e morbosità evidenziati sia nell’area di Taranto e Statte sia nei quartieri più vicini all’area industriale, che identificano nel materiale particellare il principale fattore di rischio.

Questa apparente contraddizione si spiega con l’analisi della composizione del materiale particellare presente nell’aria. Il PM10 è, infatti, una miscela eterogenea di sostanze chimiche che varia in funzione della natura della sorgente da cui viene emesso, e pertanto il dato della sola concentrazione media non è sempre sufficiente a spiegare gli effetti sanitari ad essa correlati.

La caratterizzazione chimica del PM10 costituisce pertanto la differenza tra una lettura ambientale e sanitaria del dato di qualità dell’aria. La componente che caratterizza il PM10 presente nel quartiere Tamburi è il benzopirene, un Idrocarburo Policiclico Aromatico (IPA) classificato come cancerogeno certo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E’, infatti, la concentrazione in aria del benzopirene a differenziare il quartiere Tamburi dagli altri quartieri di Taranto e dalle aree urbane italiane.

Lo stabilimento siderurgico, in particolare gli impianti Altoforno, Cookeria ed Agglomerazione, è il maggior emettitore nell’area per oltre il 99% del totale ed è quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari correlabili al benzopirene. Questa ipotesi è confermata dalle campagne di rilevazione dell’ARPA Puglia nel quartiere Tamburi che evidenziano concentrazioni significativamente più elevate di benzopirene quando il vento spinge le polveri presenti nell’area dello stabilimento siderurgico verso il quartiere residenziale. Ciò spiega come mai a Taranto si registri la concentrazione media annuale più alta di benzopirene tra le aree urbane italiane (1,8 ng/m3 nel 2010), e che, ancora oggi, tale concentrazione superi largamente il valore obiettivo fissato per il 1° gennaio 2013 dal D.Lgs 155/2010 (1 ng/m3).

Altri inquinanti che caratterizzano il materiale particellare emesso dallo stabilimento siderurgico sono le diossine che, nel corso degli ultimi anni, hanno costretto le autorità sanitarie ad interventi drastici sugli allevamenti zootecnici dell’area. A differenza del benzopirene le principali sorgenti di emissione di diossine sono i camini dello stabilimento, motivo per cui tali contaminanti raggiungono aree più lontane dalle sorgenti di emissione. La concentrazione di diossine nel quartiere Tamburi, infatti, non differisce da quella media urbana delle città europee e la loro inalazione non costituisce pertanto un apprezzabile rischio per la salute degli abitanti. Maggiore attenzione va riservata invece alle diossine che si depositano nel suolo e possono entrare nella catena alimentare risultando, se ingerite, potenzialmente rischiose.

I metalli, altri contaminanti presenti nelle emissioni industriali, non raggiungono a Taranto concentrazioni tali da determinare effetti sulla salute pur risultando le polveri emesse, più ricche di ferro e manganese, elementi caratteristici dei processi siderurgici ma non particolarmente pericolosi per la salute. Anche in questo caso, però, la persistenza ambientale di alcuni metalli sul suolo, richiede di mantenere alta l’attenzione sulla contaminazione degli alimenti prodotti localmente.

Malederba e Majin Rap Hc: la rabbia concentrata in un sound contaminato, rock e rap

“Hey man, il pugno contro il muro di chi vive nella città di ferro…”

 “Hey man, nonostante tutto, così viva resterà”

 “L’aria intorno è diossina, così vicina, l’aria che in fondo respira anche la tua bambina”

Ci sono tanti modi di raccontare e trasmettere la rabbia. Il più efficace è la musica. Perché aiuta a canalizzare in un flusso artistico sentimenti intossicati, arrabbiati, nervosi di chi vive alle pendici della zona industriale di Taranto o raccoglie l’urlo di dolore di chi respira polveri bruno rossastre di minerale tutti i giorni, le notti, specialmente quando arriva la tramontana. Quel flusso diventa messaggio, condivisione, comunicazione ed aiuta a far crescere la cultura della vita attraverso il racconto in musica ed immagini eco-insostenibili, storiche e nuove, in ricordo delle morti possibili, ed evitabili. Il modo giusto di arrabbiarsi, è questo. Non la violenza ma un’arte estrema fatta di narrazioni forti e suoni, tentando di parlare a chi non vuole ascoltare, con un videoclip fai da te, destinato a diffondersi nei social network. Mi sono imbattuta nel pezzo contaminato dei Malederba, rockettari, e di Majin Rap Hc, con il loro “Hey Man”. Caricato su youtube, a fine luglio del 2012, nei giorni del decreto sul sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto per disastro ambientale ed avvelenamento, lo segnalavano su FB ad ottobre, in coincidenza, senza volerlo, con i giorni della “Giornata Nazionale in ricordo delle Vittime sul Lavoro”. Il video è un montaggio di: quelle vecchie immagini in bianco e nero sulla distruzione di masserie, ulivi, prima dell’Italsider; recenti filmati a raggi infrarossi degli slopping notturni fuori legge dell’Ilva; raccolta di sedimenti inquinati, da parte del Fondo Antidiossina Onlus, davanti agli scarichi di raffreddamento dell’Ilva nei pressi della rada di Mar Grande; la strage degli agnelli innocenti, positivi alla diossina ed ammazzati, al mattatoio, stroncando le attività degli allevatori; i tentativi del giornalista, Alessandro Sortino, di intervistare i Riva anni fa’, se non sbaglio ai tempi di “Malpelo” (oggi i vertici sono agli arresti domiciliari, sottoposti a misure cautelari); l’alienazione dei lavoratori, vittime due volte, del mobbing aziendale, della prepotenza, e della maggiore esposizione ad inquinanti ed incidenti sul lavoro (diminuiti solo perché sono diminuiti i posti di lavoro, come la stessa Inail ha sempre spiegato e come io stessa ho scritto in passato in articoli di giornale). Tra una sequenza e l’altra, c’è il loro testo, forte, duro, tutto dedicato al riscatto dei tarantini costretti a respirare ed intossicarsi, troppo a lungo. In un commento, uno dei rocker, Antonio Marzia, ha scritto, riassumendo l’essenza del brano: «Contaminazioni Rap per un pezzo Rock che esprime un disagio comune, un problema che lega Taranto e le sue province con un filo a doppio nodo: da un lato la presenza schiacciante e invadente di un’industria che intossica il territorio, dall’altro le migliaia di famiglie che inevitabilmente dipendono dalle opportunità di lavoro che la stessa industria offre. Ormai è comune nei tarantini e chiunque presti forza lavoro nella città di ferro, convivere con il dubbio di chi si trova a decidere tra lavoro e salute, mentre istituzioni e uomini di potere fanno marcire un territorio che avrebbe potuto decisamente offrire di più».

“Non c’è nessun deficit di conoscenza su Taranto”, parola di scienziata a Radio 3 Scienza. Morti e Ricoveri in più nei rioni vicini all’Ilva, Tamburi, Isola/Porta Napoli, Lido Azzurro, Borgo, Paolo VI e a Statte

Contatti dei social network mi avevano segnalato la puntata di oggi, 24 settembre 2012, di “Radio 3 Scienza”, intitolata “La Guerra dei Numeri”.

Si parlava, nella prima parte, del caso “Taranto”, e dello scontro tra il Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, e tutti gli altri – da una giornalista del barese, agli ambientalisti – sulla veridicità dei dati della mortalità e morbosità, correlata all’inquinamento dell’area a caldo dell’Ilva, sotto sequestro preventivo per disastro ambientale doloso ed avvelenamento.

La manifestazione dei Tamburi del 30 agosto 2012. Mai vista una cosa simile in quel rione alle pendici dell’Ilva di Taranto.

Quando il conduttore, Paolo Conte, ha chiesto alla dottoressa, Maria Angela Vigotti, del Cnr di Pisa, esperta di studi sugli impatti ambientali sulla salute – tra i ricercatori degli studi citati nell’incidente probatorio e nelle perizie disposte dal Gip, Patrizia Todisco – se ci fossero dubbi sui dati dell’eccesso di mortalità a Taranto, lei ha risposto con molta fermezza:

“No. Non c’è un deficit di conoscenza”.

Quando sono stati messi a confronto i dati dello studio Sentieri 2011, presentati il 18 settembre 2012 a Roma, e l’aggiornamento divulgato in conferenza stampa da Verdi e Peacelink, – inserito nelle carte dell’incidente probatorio durante le indagini preliminari prima del sequestro preventivo – la stessa ha confermato una mia riflessione di alcuni giorni fa: il trend è lo stesso e, di fatto, i punti percentuali in più non fanno discostare dal ragionamento; c’era un aumento di mortalità prima e c’è ancora. Addirittura, la stessa dice: “A livello epidemiologico non è cambiato nulla, i nuovi dati dicono le stesse cose”. Allora, se c’era un eccesso di mortalità prima e c’è ora, non reggerebbe affatto l’accusa di procurato allarme a chi ha divulgato i dati. Ormai, senza dubbi, si dica, chiaro e tondo, quei dati erano veri e non erano stati manipolati.

Un cronista, dall’ascolto di questa puntata, può trarre altri elementi di sintesi. Da un lato, ci sarebbero pochi studi internazionali sugli effetti a lungo termine sull’esposizione agli inquinanti dell’industria pesante, e, quindi, questa constatazione, se interpretata in un certo modo, può far arrivare a messaggi del tipo “non si conoscono le cause”. Dall’altro, la stessa dottoressa ha chiarito il vero problema spinoso di una Taranto così esposta: l’età sempre più bassa degli ammalati in generale, giovani e bambini, e gli effetti a breve termine nell’incidenza e mortalità delle malattie respiratorie.

Starebbe lì il nocciolo della questione, dove, come dice un vecchio detto, “casca l’asino”.

Taranto è un caso industriale complesso e nessuno lo negava in radio, eppure non si negava nemmeno l’eccesso di mortalità nei rioni vicino all’Ilva.

In un passaggio conclusivo, la scienziata, ricercatrice, ha commentato la famosa storia dei morti di cancro in più a Lecce, argomento di punta dello scontro poco galante tra il Ministro Clini e la giornalista del barese. A quanto pare, il dato, come valore assoluto, preoccupa davvero: gli uomini, dei paesini del sud Leccese si ammalerebbero di cancro più delle donne, pare a causa di esposizioni occupazionali. Tuttavia, quel tipo di dato non avrebbe nulla a che fare con gli studi su Taranto. La regina delle disgrazie dei due mari, ancora, non è stata spodestata.

Oggi, la Rai, tra “Parliamone in famiglia”, su Rai Due, e “Radio 3 Scienza”, ha fatto, a mio avviso, un etico servizio pubblico. Perché hanno rispettato tutti: operai del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti dell’Apecar, ragazzi della Fiom, probabilmente tra gli autori della nota “Ora l’Ilva cacci i soldi”, scienziati, ammalati.

Attenzione e professionalità similari, sullo stesso caso, le ricordo solo con i collegamenti di Gerry Greco da Taranto per “Uno Mattina Estate”.

Altrimenti, bisogna andare indietro verso Vero Tv o Piazza Pulita su La7, eccetto qualche striscia sul TgCom24, per assistere a comunicazioni corrette a livello nazionale e digitale terrestre, dove fu rispettato il contributo di tutti, sia degli operai dell’Apecar, sia del Fondo Antidiossina Onlus con i suoi filmati sullo slopping notturno o la raccolta dei fanghi davanti alle acque di scarico dell’Ilva. 

Questo, è il link del podcast per il download gratuito della puntata del 24 settembre, di Radio 3 Scienza.

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-aaee447d-8a68-46e9-b13f-43525399e0d8-podcast.html

Inoltre la trasmissione inserisce diversi collegamenti, già comunque noti, l’ultimo dei quali è, come si legge nella descrizione degli autori radiofonici, lo :

Studio di coorte su mortalità e morbosità nell’area di Taranto” di Mataloni, Biggeri, Forastiere, Triassi, il primo articolo scientifico basato su una parte consistente dei dati contenuti nella perizia epidemiologica condotta da Biggeri, Forastiere, Triasse, nel corso del procedimento riguardante l’ILVA di Taranto:”

Con forte senso di responsabilità, la rivista “Epidemiologia e Prevenzione” sta inserendo un sacco di pdf con i dati su Taranto. Qui sotto uno dei link con un loro articolo scientifico:


(http://www.epiprev.it/articolo_scientifico/studio-di-coorte-sulla-mortalit%C3%A0-e-morbosit%C3%A0-nell%E2%80%99area-di-taranto)

Aprendolo leggerete questa frase quando si sintetizzano i risultati: “la coorte è composta da 321.356 persone (157.031 maschi, 164.325 femmine). L’analisi per livello socioeconomico ha messo in evidenza un differenziale rilevante per entrambi i sessi per mortalità/morbosità totale, cardiovascolare, respiratoria, malattie dell’apparato digerente, tumori (in particolare stomaco, laringe, polmone e vescica) con eccessi nelle classi più svantaggiate. Anche dopo aver tenuto conto del livello socioeconomico, sono emersi tassi di mortalità e ospedalizzazione più elevati per alcune patologie per i residenti nelle aree più vicine alla zona industriale: quartieri dei Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli e Lido Azzurro), Borgo, Paolo VI e il comune di Statte”

Da quel link qui sopra, ho estrapolato e già scaricato lo “Studio di Coorte” qui sotto….

Eppure, lasciatemelo dire, ormai a me sembra che sia proprio inutile che si continuino a “dare i numeri”.
Ora, sarebbe utile che, qualcuno, mentre si decide come procedere con il sequestro senza produzione, inizi a studiare come riconvertire, bonificare l’acciaieria, emulando il caso di Pitthsburg, riqualificando e ricollocando gli operai.
Sull’argomento, ho trovato un articolo pubblicato su “Io donna” nel 2009:

http://www.corriere.it/esteri/09_settembre_10/io_donna_pittsburgh_66660620-9e2a-11de-8f8c-00144f02aabc.shtml

Studio di Coorte Mortalità a Taranto