Si lancia l’idea “Incateniamoci all’Ilva” al sit-in contro l’incostituzionale “Salva Ilva/Ammazza Taranto”. Sostegno alla Magistratura

Increduli, si è arrivati a questo punto, a costringere i cittadini, gli ambientalisti, i lavoratori ad organizzare un sit-in, probabilmente con l’intenzione di trasformarlo in presidio permanente, davanti alla Prefettura di Taranto. Un sit-in per dire “Si alla Magistratura e no al Governo”, per dire “Basta” e per dire “Si al lavoro svolto dalla Magistratura e No alle scelte scellerate di un Governo che Ci sta svendendo: questo è il momento di alzare la testa. Taranto Risorgi!” Il si è ad un ventennio di battaglie di Franco Sebastio, oggi procuratore capo della Repubblica di Taranto, da quando era in Pretura, alla ricerca di una strategia contro l’inquinamento ambientale ed il rischio sanitario insostenibile correlato ai fumi industriali ed alle contaminazioni di aria, flora, fauna, tutto. Si a tutte le indagini ed esposti alla base dell’incidente probatorio, del sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva per disastro ambientale doloso ed avvelenamento, del sequestro preventivo dell’acciaio prodotto nei mesi di sequestro, di “Ambiente Svenduto”, indagine parallela della Guardia di Finanza su casi di corruzioni ed associazioni a delinquere. Il No va al Governo, perché ha reagito allo stop imposto ad impianti inquinanti oltre i limiti tollerabili, non con strategie di conversione green, con la scienza, il confronto con imprenditori e progettisti di alternative possibili, come sta avvenendo nel resto d’Italia. Ma con un decreto legge Salva Ilva considerato incostituzionale da diversi giuristi e magistrati perché contrasta l’obbligatorietà dell’azione penale e non mette al primo posto la salute, preferendo redimere i proprietari, i Riva, accusati di reati ambientali e strategie di corruzioni per manipolare i controlli ambientali e le perizie del passato. Uno strappo mai accaduto fino ad oggi. Una gara tra poteri, esecutivo e giudiziario, con il benestare della Presidenza della Repubblica. I tarantini non riescono a credere di essere considerati come un sacrificio umano necessario, inevitabile, e di non vedere tutta l’Italia indignarsi contro chi ha commesso reati, chi ha chiuso gli occhi sul mobbing in fabbrica, sulla mancanza di sicurezza sul lavoro, sull’amianto. I primi freddi stanno arrivando e, nonostante, questo alcuni irriducibili si sono incontrati in via Anfiteatro, davanti alla Prefettura, apprendendo di una imminente convocazione della stampa, forse martedì prossimo, sulla gestione di questa situazione. Hanno esposto i loro cartelli, striscioni, sagome. Hanno sollecitato il dibattito con il megafono. Un unico piccolo momento di discussione c’è stato con un consigliere comunale, perché, ormai, chi rappresenta partiti, qualsiasi partito, non riesce più a toccare i tasti giusti con gente esasperata. Il politichese è una lingua morta, e non riescono ancora ad accettarlo. Tra i coraggiosi, Daniela Spera, di Legamjonici, Rosella Balestra, di Donne per Taranto, il Comitato Verità per Taranto, alcuni esponenti del Comitato Cittadini Lavoratori liberi e Pensanti, Taranto Lider ed altri gruppi legati ai movimenti di Taranto Respira. Inteneriva, venire a sapere della commozione di Daniela, nell’incontro con il prefetto, Claudio Sammartino, con il quale lei ha parlato di tutti i rischi ambientali del territorio, dall’Ilva ai progetti di Tempa Rossa, facendo quasi sicuramente leva sulla illegittimità dell’Aia all’Ilva, rilasciata agli impianti quando erano sotto sequestro in condizioni di pericolo. Un’Aia ora trasformata in legge…Già…ma secondo voi può un’Aia illegittima diventare legge? Si rifletta su questo.

Questo scriveva Daniela Spera in una nota su Fb:

«E’ solo la mia esperienza di normale cittadina..

A volte guardo le mamme in gravidanza e dentro di me piango per i loro figli, perché li sento miei..e mi chiedo quale colpa possano avere quelle creature.

Il destino li farà nascere a Taranto e la sola ipotesi (che oggi è certezza) di vedere soffrire un bambino mi fa stare male.

Quando ho potuto, nel corso delle mie ore di lavoro che mi fa incontrare i malati, correvo altrove perché non riuscivo a trattenere le lacrime: tutte quelle storie di giovani donne, di bambini, ragazzi già in lotta contro un tumore… Mi riprendevo, mi dicevo: “sto esagerando..”..ma era più forte di me.

C’è ancora chi mi chiede: ”ma tu perché lo fai?” ed io ancora rispondo: ”non lo so”.

Con la mia coscienza e con tutto ciò che i miei occhi vedevano e la mia testa capiva e osservava, ho cercato il perché di tutto questo. Con costanza, attaccata, offesa, umiliata e senza mai arrendermi, ho spiegato le mie motivazioni. Spesso ero sola ma poi ho avuto ragione.

Alcuni amici mi dicono: “parli sempre di ambiente, rilassati un po…!” ma come faccio a spiegare loro che non si tratta solo di ‘ambiente’ ma di crimine contro l’umanità?

Oggi, abbiamo trovato un’alleata, la Magistratura, che ha fatto il suo dovere ma che è andata ben oltre questo, ed io personalmente ho avuto l’onore di collaborare nei limiti delle mie possibilità.

Il Governo e il Presidente della Repubblica Napolitano, da oggi hanno dato il via ad un decreto che antepone l’obbligo di produzione al diritto alla salute. Sulla loro coscienza i bambini di Taranto. Non è demagogia, ma è realtà e non so più come gridarlo.

Ricordo che il gip Todisco chiese agli epidemiologi quale fosse il dato che più li aveva colpiti e la risposta mi riempì di angoscia.. guardai con disprezzo i presenti in aula responsabili di tutto questo, politici compresi.

Il 15 dicembre ci sarà una manifestazione a Taranto, il mio corteo personale terminerà davanti all’Ilva di Taranto e mi incatenerò in segno di protesta: ‘se ci volete morti, allora fatelo subito!’. Per la lotta, pacificamente e senza alcuna rassegnazione, decisi e forti. Chi vuole può farlo con me. TARANTO LIBERA!»

L’evento “Incateniamoci all’Ilva” prima o poi potrebbe esserci ma la data in realtà non è stata fissata.

Non so se il presidio andrà oltre, come si pensava fino a qualche ora fa. Forse stanno andando via. I tarantini presenti in quel presidio vogliono comunque stringersi al fianco della Magistratura e della Procura. Con il testo della Costituzione a portata di mano.

Dura è stata digerire le prime informazioni sulla rottura dei sigilli all’Ilva (ci avevano già pensato da tempo ad ignorarli).

Al momento, passaggio obbligato, presumibilmente, è stata la restituzione della facoltà d’uso (e comunque non hanno mai smesso di produrre fino ad oggi) in adempimento al decreto legge Salva Ilva, in attesa di capire come muoversi. Si va verso un “Incidente di Costituzionalità?” Verosimile, molto verosimile.

Questi magistrati ci hanno abituato al silenzio e ad azioni meditate. Ed ora hanno parecchie cose a cui pensare, parecchie.

La gente di Taranto crede in loro mentre ha perso completamente la fiducia nello Stato, nel Governo, e nel Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

A Taranto, in queste ore, si dovrebbe festeggiare il più lungo, o quasi, periodo natalizio d’Italia. In quanto, le feste partono con Santa Cecilia, il 22 novembre.

Nessuno ha voglia di festeggiare…ancora.

Una matita innocente disegna “Taranto Libera” e mi rincuora quando penso alle penne smarrite di Ambiente Svenduto

Taranto, l’emblema del rovescio del diritto, di un Paese, l’Italia, dove un decreto legge – incostituzionale secondo docenti universitari di Diritto Costituzionale e Magistrati – si approva e si firma, con l’effetto collaterale di salvare, volenti o nolenti, chi commette reati ambientali e fugge all’estero alla ricerca di dorate latitanze. Nessuno ancora si spiega come mai il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, abbia scelto di firmarlo, questo decreto legge “Salva Ilva”, e, secondo tanti tarantini, “Ammazza Taranto”:

Non si intravede il nobile fine di salvare vite umane di lavoratori a rischio in reparti insicuri, pieni di inquinanti e pure di amianto (segnalazioni del Fondo Antidiossina Onlus e video pubblicato sul sito di “Fatto Quotidiano” dimostrerebbero:

http://tv.ilfattoquotidiano.it/2012/12/03/allarme-amianto-nellilva/213118/

E nemmeno si può percepire il battito di alcun cuore battere a favore dei drammi di una popolazione in fase di mutazione genotossica, con il dna sempre più contaminato, casi di infertilità, esposti delle vittime dell’endometriosi…

 

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…e bambini nati con il cancro.

Taranto, il paradigma di uno Stato percepito “di fatto”, tramite l’operato del Governo Tecnico in carica, prepotente. E dove non si può non provare dolore e disgusto di fronte ai danni dei giornalisti intercettati, nell’inchiesta “Ambiente Svenduto/Enviroment Sold Out”, complici dell’Ilva.

Si, perché in un Paese civile e democratico, solo una stampa libera, indipendente, con senso di etica e missione, può assolvere al suo compito di controllore: conoscere, far conoscere, vigilare, raccontare, aiutare, migliorare.

In questo, certa stampa, ha abdicato da tempo, sta perdendo la bussola, e le avvisaglie sono innumerevoli.

Si parte da questa grossa involuzione: far decidere la linea editoriale alla dittatura di sponsor, inserzionisti, partiti politici, caste, correnti, non curandosi delle più urgenti battaglie sociali, culturali, civili.

Ormai, le persone si auto informano, nella totale inadeguatezza degli old media.

Ci sono questi segnali, in ogni redazione, dove i redattori garantiti con contratto di lavoro firmato e tutelato di Assostampa/Fnsi, sono sempre meno: gli unici, insieme ai capi servizio, autorizzati ad impaginare, titolare, e gli unici a conoscenza delle linee editoriali, ufficiali, ufficiose, occulte.

I giornalisti, in maggioranza, invece, sono collaboratori, precari, come me, sempre meno pagati, sempre più costretti a sentirsi scomodi. Solo perché chiedono diritti del lavoro, equo compenso (legge statale a riguardo approvata e non attuata, ndc) rispetto. Solo perché si pongono domande su titoli strani, pezzi modificati, frasi saltate, colleghi favoriti.

Ai collaboratori si consente di mandare i pezzi da casa. E, se la pubblicazione non corrisponde al pezzo inviato, sono loro a dover fronteggiare le reazioni delle fonti e dei lettori, perché è la loro firma a comparire.

Mi è successo, spesso, dal 1998 ad oggi. E, dal 2001, mi è successo a Nuovo Quotidiano di Puglia.

(…da un anno e mezzo, per far girare l’economia, il giornale lo compro in edicola da simpatici edicolanti. Lo stesso giornale nel quale escono i miei articoli, tutti i mesi).

In questo clima, a Taranto si consumava l’inimmaginabile. Perché quando le cose vanno così, i capi servizio, i direttori, si sentono dei podestà, dei re, ai quali tutto è permesso.

Nell’estate del 2010, la Guardia di Finanza intercetta telefonate tra Girolamo Archinà, pr dell’Ilva – “maestro degli insabbiamenti” secondo la definizione di Emilio Riva – e tre giornalisti, o, almeno fino ad oggi, si sanno solo i loro nomi: Pierangelo Putzolu ex capo servizio di Taranto di Nuovo Quotidiano di Puglia, rimosso nei primi mesi del 2011; Michele Mascellaro, direttore di Taranto Sera (spicca la linea editoriale palesemente filo industriale); Walter Baldacconi, direttore di Studio 100 Notizie (riflettori sull’informazione pubblicitaria a pagamento). Inoltre, vengono menzionate altre due testate: Corriere del Mezzogiorno, in un passaggio delle intercettazioni nel quale Girolamo Archinà presume la pubblicazione di un articolo favorevole all’Ilva, e Taranto Oggi, definito, ovviamente da Archinà, come un giornale pronto a fare campagne contro l’Ilva perché forse avrebbe voluto chiedere soldi (pensava lui, presumeva insomma).

Leggendo le intercettazioni dell’ordinanza del gip, Patrizia Todisco, emergono le strategie di Girolamo Archinà, tutte miranti ad impedire i controlli ambientali, finalizzati al rilascio dell’Aia, creare contrasti tra enti, truccare il dibattito sull’inquinamento industriale e sul rischio sanitario a Taranto, impedire o boicottare il referendum sulla chiusura dell’Ilva, tappare la bocca agli ambientalisti, “nonostante non dicessero fesserie” ammetteva Archinà nelle sue conversazioni.

In questo quadro, “l’insabbiatore” definiva la stampa libera vicina agli ambientalisti: “sporca stampa”.

E lanciava questi anatemi: “Perché il problema è questo, purtroppo, ancora una volta, sono costretto a dire che avevo ragione. Che bisogna pagare la stampa per tagliargli la lingua. Cioé pagare la stampa per non parlare”.

Bene, provate a mettervi nei miei panni. Chi mi segue sul web dal 2008, nel mio primo blog su myspace (soppresso dal social network, senza preavviso) sul blog del Comitato per Taranto, su twitter, e poi su SblocNotes al motto di “Sbloccati”, e sulla sua estensione su Facebook, sa bene quale motore mi spinse: cercare di far emergere il rischio ambientale e sanitario a Taranto quando ancora erano in pochi a parlarne a livello nazionale.

Come pensate mi sia sentita io – e mi rivolgo ai vertici di Nuovo Quotidiano di Puglia, all’Ordine dei Giornalisti, alla Fnsi – scoprendo il ruolo attribuito nell’inchiesta “Ambiente Svenduto” all’ex capo servizio della redazione dove io ancora collaboro? Così si legge nell’ordinanza, riferendosi alla strategia di Girolamo Archinà: «Nel suo disegno di asservimento della stampa agli interessi dell’azienda, ha trovato un solerte complice nella figura di Pierangelo Putzolu, il quale derogando ad ogni minima regola di decoro prima ancora che di deontologia professionale si è ben prestato a pubblicare articoli a firma di tale “Angelo Battista” ivi definito esperto ambientale, pur trattandosi in realtà di soggetto inesistente». In altro passaggio, della richiesta di misura cautelare per Archinà e gli altri si legge: “Orbene dalle attività tecniche emergeva che Angelo Battista altri non era che lo stesso Archinà, che utilizzava lo pseudonimo, supportato in ciò dal Putzolu, per attaccare pubblicamente le persone che con il loro fare osteggiavano l’Ilva”.

Nell’ordinanza, si allega l’articolo del 24 agosto 2010 della rubrica “Punto di Vista”, intitolato “L’allarme berillio ed i fondi pubblici per la bonifica”.

Pensando ad alcuni no ricevuti, quando proponevo articoli sugli ambientalisti e sugli scienziati, alla percezione di titoli buonisti nei confronti dell’industria, a qualche frase saltata in modo chirurgico, i conti tornano.

E pensando ad “Archinà”, quando nelle intercettazioni chiede “tanto spazio” per gli articoli scritti sotto falso nome usando lo pseudonimo, mi vengono in mente tutte le righe in meno su altri temi: la sicurezza sui posti di lavoro; l’inquinamento industriale; il mobbing; l’emergenza sanitaria.

Scusatemi… è un evidente conflitto di interesse il mio, di chi prova un immenso dolore, dopo aver appreso quanto in basso possa essere finito un giornalista iscritto all’Ordine dei Giornalisti.

E, pensando a quanto i collaboratori siano sempre stati considerati “rei” di notare errori di impaginazione -perché a loro non è consentito impaginare, titolare, scegliere le foto e le didascalie, avere l’ultima parola sui rigaggi – i conti tornano ancora di più.

Ci saremmo aspettati prese di posizione nette da tutte le testate, invece si ammicca e si aspettano le prime pubblicazioni di:

Affari Italianihttp://affaritaliani.libero.it/cronache/giornalisti-ilva291112.html ;

Inchiostro Verde” http://www.inchiostroverde.it/news/attualita/giornalisti-ilva.html

di Alessandra Congedo, altra penna verde, immacolata, onesta, in attesa di trasformare i suoi giorni di gloria in un lavoro rispettato e contrattualizzato a norma di legge;

O il Fatto Quotidiano, dove, in coda si legge la citazione dello stesso articolo pubblicato su “Inchiostro Verde”. E, poi, a seguire un altro sito di informazione ed un paio di blog.

 

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Perché si spingono i collaboratori, i precari, i blogger ad esporsi prima di prendere posizione in testate giornalistiche tradizionali ed autorevoli?

Perché si attende lo slancio etico di noi collaboratori prima di dissociarsi pubblicamente dai complici di “Ambiente Svenduto”? Non saranno reati, ma sono violazioni dell’etica e della deontologia, sulle quali l’Ordine dei Giornalisti della Puglia sostiene di aver iniziato le sue indagini.

Il procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, tra pagine e pagine di intercettazioni dell’inchiesta “Ambiente Svenduto/Enviroment Sold Out della Guardia di Finanza scelse una frase (pronunciata dal latitante Fabio Riva) … “Due casi di tumore in più all’anno? Una minchiata!”

Io ho scelto il mio rigo:

Pierangelo Putzolu a Girolamo Archinà: “Mo, l’unica cosa, questi se dicono “sto Battista non esiste cosa dobbiamo fare?”

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Sono questi dei “fatti” di reato, definiti proprio così nell’ultima ordinanza di custodia cautelare del gip, Patrizia Todisco. Ed erano i contatti tra gli arrestati (ai domiciliari, in carcere, in latitanza), l’ex Pr dell’Ilva, Girolamo Archinà, ed una serie di figure tutte con un’unica funzione, secondo il giudice delle indagini preliminari: “individuare le problematiche che non avrebbero consentito l’emissione di provvedimenti autorizzativi nei confronti dello stabilimento Ilva Spa, concordando così le possibili soluzioni, individuando i soggetti di vari livelli da contattare – politico istituzionale, mass media, organizzazioni sindacali, settore scientifico, clero – le disposizioni da impartire a funzionari e incaricati di vari uffici, provvedendo anche a concordare in anticipo il contenuto di documenti ufficiali che dovevano essere emanati ed indirizzati allo stesso stabilimento Ilva S.p.A. al fine di ridimensionare problematiche anche gravi in materia ambientale ovvero al fine di consentire al predetto stabilimento la prosecuzione dell’attività produttiva, senza rispetto, anzi in totale spregio della normativa vigente (…) giungendo perfino a compiere atti di corruzione e falso”.

Nella parte seconda dell’ordinanza, ci sono le emergenze investigative ed i risultati delle intercettazioni telefoniche del 2010, dell’operazione della Guardia di Finanza, “Ambiente Svenduto: Envirnoment Sold Out”. Secondo i giudici, Archinà faceva il lavoro sporco al posto dei vertici dell’Ilva, alla ricerca di accordi ed escamotage sotto banco. Infatti, i Riva, padre ai domiciliari, e figlio latitante, proprio non capivano perché nel 2010 il caso “diossina”, invece di sgonfiarsi fosse riesploso. Evidentemente, non era stato valutato il fattore “cittadinanza attiva”, mista a sdegno quando iniziarono i 100 passi delle pecore avvelenate verso il mattatoio.

Altri estratti delle intercettazioni mostrano quanto saliva il nervosismo se solo si tentava di attribuire agli inquinatori il costo delle bonifiche della diossina.

Chiaramente, qualcuno di loro si sarà chiesto se sarebbe stato più facile dimostrare di non aver inquinato o di non dover pagare i danni?

C’era nervosismo quando il benzo(a)pirene delle cokerie venne trovato ai Tamburi di Taranto?

Le notevolissime capacità di inquinamento probatorio del Pr vengono spesso, molto spesso, ricordate.

A questo punto, in un Paese dove i principi di uno Stato di diritto si stanno ribaltando, qualcuno proclamerà una legge ad personam per denunciare una blogger come me per aver chiesto il rispetto di etica, onestà, deontologia professionale, Costituzione?

Ma si! Tutto è possibile, le leggi ad personam hanno lo scopo di trasformare la vittima in colpevole, no?

Questo messaggio nella bottiglia della blogosfera è lanciato da una orgogliosa esponente di quella “sporca stampa ambientalista” incorruttibile, povera, squattrinata, precaria e – per rispecchiare lo schema, ostacolata – da chi non sarà d’accordo con chi difende l’ambiente, l’aria, la vita di Taranto.

Ed oggi ci stringiamo attorno alle vittime e, senza nessuna esitazione, alla Magistratura.

Con fierezza, caro Franco Sebastio, Procuratore Capo della Repubblica, Patrizia Todisco, Giudice delle Indagini Preliminari, Ambientalisti, Cittadini Attivi, Lavoratori pronti a mettere la vita e la sicurezza al primo posto, Artisti uniti per Taranto, sono con voi.

Ah…dimenticavo, se qualcuno degli imbavagliatori di professione dovesse innervosirsi, convogli la sua rabbia verso chi macchia di vergogna e fango il mestiere del giornalismo, non contro chi si è rotto di non avere spazi di divulgazione ed usa i blog per esprimersi.

E, per chiudere, “Taranto Libera”, ci sta bene.

Laboratorio di disegno del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti, 22 Novembre 2012

Laboratorio di disegno del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti, 22 Novembre 2012

Apecar, simbolo di schiene dritte: Operai, cittadini attivi, salutisti ed ambientalisti di Taranto organizzano la prima manifestazione comune il 17 agosto dalle 8.30 in Piazza Castello

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Doveva essere l’assemblea pubblica del neo Comitato dei Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti, in Piazza della Vittoria, il 13 agosto pomeriggio. Ed alla fine, col passaparola, è diventata la prima vera occasione di incontro di piazza tra operai, anche dell’Ilva e dell’indotto, ed associazioni, molte delle quali legate a quella alleanza civica che da anni cerca di portare alla ribalta i danni dell’inquinamento industriale nella salute dal concepimento in poi, nella crescita, attraverso la catena alimentare inquinata, e quindi nei comparti alternativi dell’economia, a rischio uno dopo l’altro, tra allevamenti di ovini, mitilicoltura, pesca….Quello che sembrava impensabile è accaduto.

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Gli operai che non vogliono più accettare il ricatto occupazionale, il mobbing, la violenza psicologica, le pressioni affinché si violino regole e misure di sicurezza e si inquini più del consentito, e poi i cittadini delle associazioni pro salute ed ambiente, sono insieme, uniti, nonostante certi tentativi mediatici di oscurare questa novità della partecipazione attiva tarantina.

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Questa unione, battezzata da un bel titolo di un quotidiano locale, “Fusione a caldo”, ha portato ad una solidarietà costruita con il rispetto reciproco, comunicato e reale, negli ultimi anni, affinché gli operai capissero che le prime vittime di questo sistema sono proprio loro. Dunque, il 17 agosto, mentre arriveranno tre ministri, Ambiente, Industria, Giustizia, e, guarda un po’, non quello alla Salute, e ci saranno mobilitazioni dei sindacati filo linea Ilva/Riva, questi cittadini seguiranno l’apecar, il tre ruote, simbolo di questa originale alleanza così tanto boicottata dal 2 agosto, in tutti i modi possibili, eppure così verace, onesta, coraggiosa.

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Ecco il comunicato del Comitato Cittadini Liberi Pensanti:

http://www.facebook.com/notes/cittadini-e-lavoratori-liberi-e-pensanti/venerd%C3%AC-17-agosto-in-piazza-per-ambiente-salute-reddito-occupazione/356968594377707

Venerdì 17 agosto, dopo 50 anni di devastazione sociale, ambientale e territoriale, per la prima volta tre ministri della Repubblica italiana saranno a Taranto non per tutelare i diritti dei cittadini e dei lavoratori ma per salvaguardare gli interessi dell’Ilva, continuando a fare pressioni antidemocratiche nei confronti della Magistratura per  preservare il PIL italiano.

Se Riva è in grado di ottemperare alle oltre 400 legittime prescrizioni, imposte dal Gip  per la messa a norma dello stabilimento, lo  faccia subito e senza indugi.

Ciò non crediamo avverrà poiché significherebbe, considerato l’andamento del mercato mondiale,  non poter mantenere gli stessi profitti , in quanto dovrebbe investire tutti gli utili accumulati in questi anni nel raimmodernamento della fabbrica.

Il pool di esperti scelti dal Gip ha evidenziato che l’incidenza tumorale ed epidemiologica a Taranto è la più alta d’Italia, a farne maggiormente le spese sono i lavoratori della fabbrica e gli abitanti che vivono più vicini alla stessa.

Non consentiremo più a nessuno di poter giocare con la vita di una città intera, tanto meno ai politicanti ed ai sindacati che in questi anni hanno fatto solo i propri interessi. Chi ha usurpato e derubato deve far fronte alla spesa necessaria a risarcire il territorio, i suoi abitanti ed i lavoratori coinvolti.

Un futuro diverso è possibile solo attraverso l’unità tra cittadini e lavoratori che devono essere protagonisti di questo cambiamento, pretendendo un’alternativa sostenibile per la città di Taranto svincolata dal ricatto occupazionale e dalla devastazione in nome del profitto. Le decisioni che riguardano il nostro avvenire dovranno esser prese esclusivamente nella nostra città con la partecipazione attiva dei cittadini. Questo non si discute.

Invitiamo pertanto i lavoratori, le loro famiglie e la cittadinanza intera a partecipare alla grande manifestazione del 17-8-2012 che partirà da piazza Castello alle ore 8,30 dietro l’Apecar simbolo del risveglio di Taranto.

SI’ AI DIRITTI NO AI RICATTI. AMBIENTE, SALUTE, REDDITO E OCCUPAZIONE.

ed ecco una nota di un gruppo di associazioni partecipanti:

L’ordinanza del Gip, Patrizia Todisco, che dispone la revocare della nomina del Presidente dell’ILVA, Bruno Ferrante, a Curatore per lo stabilimento ILVA di Taranto,  per un evidente conflitto di interesse ha riscaldato ancor di più queste calde giornate di Agosto. In riferimento a questa nuova ordinanza Venerdì 17 Agosto arriveranno a Taranto tre Ministri del Governo Monti,  il Ministro dell’Industria, Sviluppo ed Economia per discutere e mediare sulla decisione presa dal GIP Patrizia Todisco. Un comportamento della Politica inaccettabile, che tende ad influenzare le decisioni della magistratura, il movimento Taranto Respira si schiera a supporto dei Magistrati che stanno svolgendo il loro lavoro in maniera impeccabile ed integerrima anche se con forti pressioni da parte delle  Istituzioni. Stesse  Istituzioni  invece di mettere in campo iniziative ed investimenti atti a tutelare il diritto alla salute con una politica di riconversione industriale che programmi  un’azione di Bonifica che reinvesta i lavoratori; invece di cercare di programmare su Taranto un’area  NO-TAX cosi da attirare nuovi investitori per creare lavoro e sviluppo, cerca in tutti i modi di ostacolare il lavoro della magistratura per coprire le proprie inadeguatezze e le proprie mancanze degli ultimi decenni. Per  queste motivazioni il Movimento Taranto Respira, il giorno venerdì 17 Agosto, invita tutta la popolazione ad aderire alla manifestazione organizzata dal comitato “Cittadini liberi e pensanti” ed  a scendere in Piazza Castello  alle ore 8.30  per dare il proprio contributo al sostegno del lavoro svolto dalla magistratura.

MOVIMENTO
TARANTO RESPIRA

Spero che stavolta i media ed opinionisti nazionali facciano le loro dirette, i loro collegamenti, i loro editoriali, i loro resoconti, senza trascurare la vera notizia.

Non lo, una vera notizia, è che operai legati ai sindacati manifestino, non lo è che la politica sia vicino all’industria e contro la magistratura, lo è invece che operai e ambientalisti/salutisti si uniscano e si sentano rappresentati solo dai magistrati, da Patrizia Todisco a Franco Sebastio, ai quali va l’abbraccio affettuoso di tutti per le loro qualità umane e professionali.

Mi andava di dirlo e sul mio blog lo dico.

La Taranto attiva ha sempre denunciato l’inquinamento in blog, convegni, teatro civile. I media lo notano solo ora

Miracolo di Ferragosto!

Taranto è sulla bocca di tutti, tg, quotidiani, periodici, parlamentari, ministri. Costretti a parlarne se non altro in seguito al tam tam di social media, social network e video indipendenti. E, se fosse stato autunno, avremmo visto tutti i talk show di prima e seconda serata pronti a calcare l’onda della notizia del sequestro preventivo dell’Ilva di Taranto con l’accusa di disastro ambientale ed avvelenamenti ad opera di svariati inquinanti, dalle diossine al benzo (a)pirene, ai furani, ai pcb.

Il 2 agosto, gli operai urlavano “Vespa, torna dalle ferie, facci andare in prima serata con i ministri!”. A riesame avvenuto, in attesa delle motivazioni, con l’ufficializzazione di un chiarimento del Gip sulla disposizione di non poter produrre se prima non si rimette a posto tutta l’area a caldo con le 6 aree sequestrate, arriva la notizia dell’imminente calata dei ministri a Taranto nelle prossime ore, giornate.

Eppure, i media nazionali, pressati dagli opinionisti delle regioni più influenti, già sembrano scocciati di aver tolto questa città sacrificale dall’isolamento. E già vanno in cerca del “ben altro di cancerogeno” del “non c’è solo Taranto”. Mentre la politica parlamentare da il peggio di se con il suo irresponsabile attacco alla Magistratura quasi avallando qualsiasi reazione contro chi sta solamente rispettando le leggi, sta solamente chiedendo all’Ilva di fare i lavori prima di poter produrre di nuovo, sta solamente rispondendo a 150 esposti dal 2009 ad oggi, sta solamente ascoltando le istanze della popolazione che invano ha chiesto alla politica di fare qualcosa quando la salute umana già dal concepimento e dai danni genetici, con  la mitilicoltura, gli allevamenti di ovini, i pascoli, la pesca, veniva compromessa.

Convegni sulle emissioni colpose e dolose seguiti in sordina solo dai cittadini attivi negli scorsi anni, e dai giornalisti (io lo feci su un blog su myspace) ai quali i quotidiani cominciavano a negare spazi man mano che la coscienza ambientale ed ambientalista aumentavano e che quindi quel tipo di resoconto si apprestava a diventare non più solo una cronaca convegnistica, quasi cultura.

Blog e social da tempo hanno iniziato a documentare certe tematiche usando democraticamente la rete, mentre i media ufficiali andavano dietro a politici, sindacalisti, industriali, sponsor ed inserzionisti, a volte editori.

Chi ignora cosa stia avvenendo e sa solo di aver scoperto una città di nome Taranto nei tg, pensa che tutti si siano svegliati all’improvviso.

E no, signori, la magistratura ci sta dietro da 30 anni, l’ambientalismo temerario da 20, le nuove generazioni di giornalisti precari in tutti gli spazi che hanno trovato, non sempre nelle loro testate, a volte on line.

Qualche eccezione di La 7 e Mediaset in passato…

Ma, in generale, sono solo i grossi media che oggi danno la percezione che la città se ne sia accorta ora.

Solo la politica che ora usa la cronaca per rivolgersi ai suoi elettorati, adesso ha capito di doversene interessare e di dover mettere i paletti su qualche promessa adesso, ad agosto, rovinando la finta vacanza di un Paese allo sbando da parecchio tempo.

Falso, assolutamente falso che Taranto si sia accorta ora di morire di veleni regalando risorse al business della sanità e dei viaggi della speranza.

La società lo urla a vuoto da anni ed anni. E chi avrebbe potuto finanziare ricerca ed alternative se n’è lavato le mani, ha chiuso gli occhi, e forse ha pure intascato mazzette? Questo è il metodo usato per risolvere il problema?

Chiacchierando in questi giorni, con amici, tra storici della filosofia, economisti dell’era digitale, lavoratori della grande industria, chi era disposto a dialogare con calma, pur mantenendo la sua posizione, si chiedeva insistentemente, “La Facoltà di Economia che fa?” Già, citando una mia amica che se lo chiede da giorni, provo a chiederlo anche io a tutti, come ho fatto altre volte: Cosa fa chi avrebbe dovuto fare ricerca, studiare la situazione? Ha dormito? Se avete fatto qualcosa fatevi vivi, parlate, esponetevi!!!!!! Perché al di la degli slogan la città ha bisogno di capire come ritrovare il piacere di un “respiro pulito” insieme ad una città occupata e benestante. Bisogna iniziare a capire se le economie alternative sono fattibili e quanti lavorerebbero di nuovo. Stiamo aspettando che la gente si innervosisca? Che occupi la città? Forse accadrà ancora ma almeno gli esperti diano un contributo alla pacificazione dei tarantini rassicurandoli su quali passi saranno fatti per garantire il recupero di un lavoro a chi vuole semplicemente lavorare e non necessariamente lavorare nell’area a caldo.

Chi non ha respirato soprattutto la notte, emissioni fuori controllo e fuori norma, dell’Ilva in cima alla lista, può parlare in modo non coinvolto. Chi è vittima di questa aria, questa catena alimentare, no!!! Non può! Perché la notte quando aumenta la produzione, sente vere e proprie esplosioni all’origine delle emissioni non convogliate oggetto delle indagini della Magistratura e dei Carabinieri del Noe. Le sente, le vede, le respira quando poi trova le polveri sui balconi.

I magistrati, dal gip al procuratore capo, hanno offerto all’Ilva la possibilità, come prescrive la legge, di presentare perizie e contro deduzioni all’incidente probatorio, e l’Ilva ha fatto scena muta, poi al riesame l’Ilva avrebbe presentato le sue valutazioni limitandosi a parlare di emissioni a norma e sotto controllo, quando il vero danno sono le emissioni non convogliate dai camini, e le ispezioni sarebbero tutte con preavviso.

Sguardo verso l'Ilva di Taranto, intorno alle 2 di notte. 26 luglio 2012

Sguardo verso l’Ilva di Taranto, intorno alle 2 di notte. 26 luglio 2012

Insomma, l’Ilva appena ha capito di dover investire soldi, al di là dei milioni per le bonifiche esterne, si tira indietro? Coglie la palla al balzo, come tanti ritenevano da tempo e se ne va per non investire e per relegare il problema degli occupati su magistrati ed ambientalisti?

A volte a pensare male non si sbaglia, direbbero alcuni. Se così fosse, sarebbe malafede. E tutti si augurano che qui i toni ritornino alla pacatezza, alla regola, al rispetto della legge e dell’iter giudiziario, alla buona fede se esiste. Un rispetto che non può essere invocato in una conferenza stampa a porte chiuse salvo poi dare fiato alle trombe appena arriva il cronoprogramma delle prescrizioni.

p.s: nel 2009, nel mio blog su myspace, arbitrariamente cancellato come tutti gli altri blog di quel social network, postavo sulla prima marcia di Altamarea all’inizio contraddittoria o sulle emissioni colpose e dolose; e qui ancora vengo citata in un’osservazione del Comitato per Taranto, nel 2010, sul Treno Verde di Legambiente….

http://comitatopertaranto.blogspot.it/2010/02/taranto-e-insalubre.html

Qui, nessuno si è svegliato ora, e, tra gli stessi operai, c’è chi si è stancato di ammalarsi e vedere gente ammalata, insieme a chi si è stancato del ricatto occupazionale e della prepotenza dei capi reparto che impedirebbero il  rispetto delle misure di sicurezza.

Tenere ai margini generazioni di giornalisti con la passione, precari, vuol dire anche avere in giro meno professionisti disposti a fare questo mestiere con senso dell’etica. Ricordatevelo…#sapevatelo….

Taranto, era un altro ecosistema ed il fatto che dagli anni ’60 sia stata la città dell’acciaio non vuol dire che debba essere immolata senza che nessuno paghi.

Nel 2009, in città vecchia, l’attore Mimmo Fornaro metteva in scena “Profumo di  Nuovo”. In questa sintesi, dalla metà circa del filmato, dal 4° minuto, si inizia a ricordare come i tarantini dei campi e dell’artigianato venivano “indotti” in tutti i modi a lasciare la loro vita per l’Italsider.
La Taranto del teatro civile e poetico di narrazione, da tempo riflette e fa riflettere.

si tratta solo di un esempio, fra numerosi, la prova che, in riva ai due mari di Taranto, nessuno si è appena accorto di un problema che perfino i primi operai dell’Italsider avvertivano. E, chi poteva, l’ha deliberatamente fatto esplodere nel modo peggiore nel 2012. E non è stata la Magistratura ma la Politica, il Sindacato, La Grande Industria, i Complici di tutto questo.

Chi continua a scagliarsi contro onesti e coraggiosi magistrati, come Franco Sebastio, Patrizia Todisco, con la scorta, cosa che a pensarla fa davvero soffrire ed arrabbiare – loro che stanno dimostrando amore per Taranto più di chi l’ha avvelenata e difende gli avvelenatori – Chi è contro questi esempi di etica e giustizia, non lo fa nel mio nome o nel nome dei cittadini attivi che denunciano a vuoto chiedendo una mano coerente agli enti da tantissimi anni.

La “Schiena Dritta” nel caso Ilva

Franco Sebastio, insieme a Patrizia Todisco, Giuseppe Vignola, e tutti i Carabinieri impegnati

Quando un giornalista non lavora, blogga. E sblocca, in questo caso, una espressione emblematica pronunciata durante la conferenza stampa della Procura di Taranto, il 27 luglio 2012: “Schiena Dritta!”. Diventata il tarlo delle mie riflessioni su cosa significhi averla.

A dire queste due paroline, ascoltate in diretta tv e nei tg, è stato il procuratore capo presso la Procura della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio, in compagnia di magistrati e carabinieri, di Taranto e del Noe.

Ha dovuto accettare di incontrare la stampa, perché il giorno prima folle di operai dell’Ilva di Taranto erano state spinte, a causa di una fuga di notizie incomplete e confusionarie, ad uscire dalla fabbrica, la grande acciaieria del Gruppo Riva, ed a riversarsi nelle statali e nelle vie di accesso alla città, ponte girevole compreso, fino a raggiungere la Prefettura in cerca di risposte.

Come al solito, il vizio del copia&incolla della prima agenzia stampa, incompleta, da parte di chiunque sappia smanettare su internet, può creare grossi danni.

Gli operai hanno creduto alle voci dei sigilli alla fabbrica come provvedimento conseguente all’incidente probatorio del Gip, Patrizia Todisco, dal quale sono scaturite perizie, una chimica ed una epidemiologica, sull’avvelenamento della catena alimentare, sulle malattie, sui danni genotossici, di un mix di inquinanti come diossine, benzo (a)pirene, polveri sottili ed ultrasottili, furani, pcb, e tanti altri. Sono dentro chiunque sia stato concepito a Taranto. Sono dentro ogni tarantino, dentro quello che si respira, si spolvera. Questa parte di società secondo voi non ha diritto di esprimersi? Di sperare? Di denunciare? Centinaia di pagine di perizie, non due righe, parlano della correlazione inquinamento/malattie cancerogene, e cardio respiratorie.

Gli operai si sono spaventati e qualcuno (Tra i capi reparto? Come avvenne a marzo 2012?) ha pensato bene di approfittarne, facendoli innervosire, creando i presupposti di un dissenso, molto favorevole alla proprietà dell’Ilva. E – se per caso la Società dovesse chiudere baracca dopo aver beneficiato della cassa integrazione ed andarsene ad esempio in Asia – servendo, sul piatto d’argento, capri espiatori pronti all’occorrenza: le figure esemplari di questa vicenda, magistrati ed ambientalisti.

Perché c’è chi si è prestato a questa strategia? Perché hanno fatto questo agli operai ed alle loro famiglie?

In realtà, era stato solo notificato il decreto di sequestro preventivo, contenente altre misure di custodia cautelare verso 8 esponenti della dirigenza Ilva. E, come ogni misura cautelare del genere, è soggetto a procedure, passaggi, iter lunghi mesi e mesi, nei quali persino la stessa Ilva potrebbe presentare le sue contro perizie o valutazioni difensive (In punta di legge, non è un mio auspicio).

Invece di scegliere la strada della legge e della regola, si è scelta quella dello scontro sociale (In mala fede? Con la complicità di certa politica, certi sindacati, e certa stampa? Così appare. Ci sono tutti gli indizi).

Quando molti operai erano in strada, e tanti sono amici, conoscenti, in alcuni casi dell’indotto, persone a cui teniamo tutti, io non lavoravo ed ho seguito parola per parola la conferenza stampa della Procura, costretta a mettere ordine nel caos diffuso a mezzo mass/social media il giorno prima.

 

 

Operai dell'Ilva e dell'Indotto sul Ponte Girevole, insieme ai lucchetti dell'amore

Operai dell’Ilva e dell’Indotto sul Ponte Girevole, insieme ai lucchetti dell’amore

 

Il procuratore generale, da Lecce, Giuseppe Vignola, e lo stesso Sebastio, si sono alternati, cercando di farsi capire. Ha rotto il ghiaccio Vignola. Citando articoli del codice di procedura penale, 321, obbligatorietà del sequestro, o articolo 55:

«Quali altri provvedimenti potevano essere presi? Dovevamo ignorare la consulenza dei periti? Non sono magistratura e Gip, Patrizia Todisco (Giudice per le indagini preliminari) i responsabili dell’inquinamento. Il recinto è questo, Costituzione e Codice di Procedura Penale. Il passaggio da Italsider all’Ilva, secondo alcuni, ha fatto diminuire la diossina, ma ci sono altri patogeni come il Pm10 etc. Parlo a nome di chi vive ai Tamburi e nei cerchi concentrici dove ci sono malattie ed inquinamento. Parlo a nome loro. Il Gip, a pagina 29, parla di eloquenti immagini impressionanti, ed annotazioni dei Carabinieri del Noe sul reparto degli agglomerati, dell’Ilva di Taranto. Secondo le quali, il giorno si rispettavano le prescrizioni, la notte ci si muoveva in modo diverso con inquinamento notturno di diossina ed altre polveri. I risultati delle analisi chimiche ci preoccupano. La diossina lasciava la sua impronta. Il dna è dell’Ilva, anche in Mar Piccolo. La perizia medico-epidemiologica, nell’incidente probatorio è stata difficile. Non abbiamo un registro tumori, ma, in futuro, quando ci sarà, faremo i raffronti».

Qualcuno gli ha chiesto perché non si indaga su altre industrie confinanti: «Giusto menzionare Cementir, Agip, Eni. Adesso, si parla di questa indagine sull’Ilva. Bisogna avere rispetto per i morti dovuti all’inquinamento industriale. Il sequestro era necessario su quelle fonti inquinanti. Però, il decreto deve essere portato ad esecuzione. E non abbiamo chiuso nulla! Smentiamo! I custodi giudiziari dovranno gestire la fase quando il decreto sarà vagliato ed andrà al riesame (Richiesto dagli imputati e già fissato il 3 agosto 2012) e poi in Cassazione».

Singolare, a questo punto, l’osservazione dei magistrati. Poche ore prima, il Ministro per l’Ambiente, Clini, aveva chiesto l’urgente riesame del decreto di sequestro: «Quando io (magistrato) sto sul tavolo dell’accusa, la parte offesa è l’Ambiente. Eppure, mai successo, il Ministro ha parlato come se fosse dalla parte degli imputati».

Nessuno aveva bloccato gli impianti. E non c’era nemmeno la provvisoria esecuzione. Questi provvedimenti sono agli atti, ha detto: «Ci sono delle prescrizioni, se si porranno in essere, nessuno ci vieterà di revocare parzialmente o totalmente il decreto, per veicolare quel danaro messo sulla carta (Riferimento ai 336 milioni per le presunte bonifiche, frutto dell’accordo firmato a Roma, con gli enti locali tarantini lo stesso giorno). Prevedevamo cosa sarebbe accaduto. Il tempo trascorso era di meditazione, necessario. Da organo inquirente a gip, chiesto dalla Procura, adottato dal gip, è arrivato il provvedimento di sequestro. I quattro consulenti hanno svolto indagini ineccepibili. E non ci sono state contro perizie depositate dell’Ilva».

Il momento dell’espressione “Schiena Dritta”, si avvicina. Prende la parola Franco Sebastio. «Per la prima volta, viene il procuratore da Lecce. Non ricordo sia mai accaduto, inusuale. Mi da conforto.

La grossa percentuale di notizie e voci sui quotidiani (edizioni del 27 luglio 2012) denotava una scarsa informazione.

La prima sentenza fu emessa dalla Pretura nel 1982, con la quale venivano condannati vertici Italsider per diffusione di polveri sui Tamburi, poi una serie di procedimenti, ed una caratteristica costante: tutte finite con sentenza di condanna definitiva.

Man mano che si andava avanti, saliva il livello qualitativo dei reati contestati. La storia giudiziaria è remota e non nasce oggi. Nel caso specifico, le ennesime indagini sono nate, contemporanee, e sono state riunite in un solo procedimento: sono iniziate nel 2009 (Svelata altra bufala degli opinionisti economici vip delle tv: sotto indagine c’è storia recente, non storia di 15 anni fa) dopo l’abbattimento dei 2000 capi di bestiame (La mattanza degli agnelli, specialmente l’allevamento dei Fornaro e via dicendo) con accertamenti, denunce, da privati ed enti pubblici.

Ad esempio, ci ha scritto il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano, nel 2010, dicendo a noi magistrati “Signori qua muoiono le persone, c’è pericolo per i bambini, vi dovete muovere e contestare reati di disastro” (Al sindaco rieletto, la città chiede una posizione più decisa e non equilibrista, esattamente come lo si chiede a Nichi Vendola, il quale anni fa promuoveva le lettere dei bambini malati di cancro, di famiglie stanche di inquinamento e cancerogeni, ed ora un secondo prima dice di volere la fabbrica aperta, con ambientalizzazioni, e tutti gli operai al lavoro, un minuto dopo dice di essere pronto come Regione a costituirsi parte civile nel processo, tanto da sembrare quasi più contento se il sequestro viene revocato).

Il problema non l’abbiamo inventato noi, tra esposti di associazioni, 150 parti lese, danneggiamento edifici al rione Tamburi.

Abbiamo scelto la via dell’incidente probatorio, e non la consulenza al PM, che non ci aveva convinto pienamente (Se vi divertite a fare ricerche, scoprirete indagini su corruzione di un consulente).

La richiesta è del novembre 2010. Dicemmo: “Chiediamo l’incidente probatorio in considerazione dell’importanza delle questioni all’esame, per tutelare il diritto di difesa, nel contraddittorio delle parti, in vista di eventuali futuri sviluppi”.

Ho segnalato agli organi competenti i dati emersi. Accolta con interesse, fece scalpore ma non era la prima, era l’ultima di una serie di segnalazioni del corso degli anni. Dopo altre segnalazioni emerse nell’aprile del 1998, Comune, Provincia, Regione, Ministero dell’Ambiente, furono parti lese, ci fu un sequestro preventivo nelle cokerie e batterie. Ci sarebbero voluti tanti mesi prima di attuarlo ma poi si fecero i lavori.

La tutela dei posti di lavoro non può prescindere dalla tutela della salute! Qualche mese fa, ho scritto altre lettere. Il 21 febbraio 2012 sono stato sentito dalla commissione per le ecomafie parlamentare. Mi chiesero notizie ed in quella sede dissi “l’aspetto occupazionale/salute ci crea preoccupazione, e l’intervento del magistrato sarebbe auspicabile, solo, come estrema ratio”.

Quando è stato emesso il provvedimento, dalla difesa non è stata espletata attività difensiva, non ci è stata presentata alcuna contro perizia o depositata. Le contestazioni difensive si fanno nel processo, non nel corso di convegni (Perché i sindacati, se vogliono mantenere la loro linea, non lo dicono ai lavoratori? Perché non si spiega che l’Ilva non si difende? E che ha portato il Gip ad un passaggio dovuto? Perché la politica continua a chiedere le trattative come se stesse parlando di una contrattazione collettiva e non di un incidente probatorio su casi di avvelenamento ed inquinamento a Taranto, disastro ambientale?).

Notificata ed eseguita la custodia cautelare, ed arresto degli 8. Notificato e non eseguito il sequestro preventivo degli impianti di area a caldo: la fase di attuazione non è iniziata! Le procedure tecniche non sono facili.

Ma cosa avete detto voi giornalisti, forse in buona fede? Quando scrivete che i carabinieri arrivano e chiudono lo stabilimento? L’Ilva non è un’officina meccanica. Non si mette un sigillo o si chiude una saracinesca. Servono tecnici all’altezza, studio degli impianti, messa in sicurezza, graduale disattivazione di impianti a ciclo continuo. Se si spengono di botto, è un disastro!

Il Gip ha elencato indicazioni, che saranno perfezionate se si arriva alla fase di esecuzione. Se i contraddittori del PM (non i politici, ma l’indagato), dovessero farsi avanti ed avanzare richieste di rielaborazione siamo qui ad esaminarle con la massima attenzione (nel rispetto della legge).

Dentro lo stabilimento ho detto che non doveva entrare nessun carabiniere: nessun blitz o spettacolarizzazione. I magistrati lavorano in base a dottrina, giurisprudenza, coscienza. Legittimati a fare richieste non sono giornalisti, politici, ma la difesa dell’Ilva.

Le parti lese, come il Ministero dell’Ambiente, di solito supportano l’iniziativa del pubblico ministero, e contrastano l’indagato…Di solito…In alcuni casi avviene il contrario (riferimento alla posizione irrituale del Ministro Clini). Prendiamo atto. Il clima è esasperato. Il problema è grossissimo. I tecnici nominati dal Gip, hanno una funzione strumentale, porre in atto procedure tecniche per arrivare, eventualmente, alla disattivazione. Non devono fare una seconda perizia. Quella dell’incidente probatorio è “prova”. La mia speranza è arrivare ad una conclusione positiva di un percorso iniziato da 30 anni, il 14 luglio 1982. A schiena dritta».

Dai Carabinieri è arrivato il monito: «La fabbrica non la sta chiudendo la magistratura!!! Quello che non funziona è per scelte aziendali». E, dal Noe, hanno aggiunto: «Secondo noi, in alcuni punti dell’azienda non c’era rispetto delle regole per le emissioni. Riguardo all’Aia, noi rappresentammo che in base a controlli non c’erano situazioni regolari. Rivisitare l’Aia è una questione che riguarda il Ministero dell’Ambiente».

Fabio Matacchiera, coraggioso, costante, ambientalista di lungo corso, prima con “Caretta Caretta”, poi solo e con “Fondo Antidiossina onlus”. Un tempo, si dedicava di più ad archeologia subacquea, sport, immersioni a scopi naturalistici.

Fabio Matacchiera in una escursione via mare sulla cultura del mare e dell'impatto ambientale

Fabio Matacchiera in una escursione via mare sulla cultura del mare e dell’impatto ambientale

 

Ed invece deve preoccuparsi dell’ambiente e della salute del mare e della sua città. Perché, quando si immerge, l’inquinamento per lui è un pugno nello stomaco, una ferita sempre aperta. Ed in questo momento, ha il doppio dolore di essere oggetto di minacce ed offese, amarezza che vive in silenzio. Sperando che nessuno lo lasci solo.

Prima del 26 luglio, aveva diramato questa nota stampa, nella quale parla a nome dell’ambiente, degli ammalati ma anche del futuro possibile nella conversione del comparto, insieme agli operai ai quali si nega la conoscenza di un’alternativa, con loro ricollocati ed in prima linea.

 http://www.youtube.com/user/fabiomatacchiera

SOSTEGNO Al GIUDICE PATRIZIA TODISCO E AI MAGISTRATI

Gravissima la presa di posizione dei nostri politici. Sbagliano a schierarsi “tout court” a favore di un agglomerato industriale imponente situato dentro una città e a non tener conto che ogni mese che passa, almeno 3 persone, tra adulti e bambini, lasciano questa terra a causa dei veleni sprigionati da quegli impianti.

I nostri politici dimenticano che:

a Taranto, i periti del tribunale, illustri luminari della scienza medica, nominati dal gip di Taranto, Patrizia Todisco, hanno stilato una corposa ed autorevole relazione epidemiologica, in cui si prova che, tra il 2004 e il 2010, vi sarebbero stati mediamente 83 morti all’anno attribuibili ai superamenti di polveri sottili nell’aria e alle emissioni in atmosfera di sostanze cancerogene provenienti dalla vicina industria. Dimenticano che i ricoveri attribuibili a quel tipo di inquinamento per le sole cause cardio-respiratorie ammonterebbero a 64 all’anno. Dimenticano che la media dei decessi sale però fino a 91 casi, se si prendono in considerazione i quartieri Tamburi e Borgo, geograficamente più vicini alla fabbrica dove è osservabile una forte associazione tra inquinamento dell’aria ed eventi sanitari scientificamente documentabili per questa popolazione. Inoltre, i nostri politici non considerano che a Paolo VI vi è una percentuale ancora maggiore di decessi rispetto alla media complessiva della città e che anche il numero delle patologie a carico dell’apparato respiratorio è addirittura superiore del 64%. Ciò sarebbe riconducibile all’ubicazione altamente a rischio del quartiere stesso e al fatto che vi sia un alto numero di quegli abitanti che hanno lavorato e lavorano in acciaieria. Dimenticano che i periti del tribunale hanno accertato che per bambini e per gli adolescenti fino a 14 anni vi sia un effetto statisticamente significativo per i ricoveri ospedalieri per cause respiratorie e un’elevata presenza di tumori e di malformazioni in età pediatrica. Forse fingono di non conoscere la tragica situazione dei lavoratori dell’Ilva di Taranto tra i quali si registrano eccessi di ricoveri per cause tumorali, cardiovascolari e respiratorie da far rabbrividire.

I nostri politici, invece, dovrebbero fermamente sostenere una eventuale azione della magistratura intesa a fermare subito quegli impianti inquinanti che, come dicono gli stessi periti e luminari della scienza medica, Annibale Biggeri, Maria Triassi, Francesco Forastiere, “hanno causato e causano nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell’organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte”.

    Atteggiamento simile a quello dei nostri politici è anche quello dei nostri sindacalisti. Anche loro dovrebbero mostrare più sensibilità alle tematiche ambientali e a quelle sanitarie in cui gli stessi lavoratori sono coinvolti, mettendo in serio pericolo la loro salute e la loro stessa vita. Fatte salve le posizioni a tutela del diritto alla salvaguardia del posto di lavoro, i sindacati non dovrebbero assumere atteggiamenti che sostengano il panico e la tensione, già diffusa tra i lavoratori e finalmente comprendano ed accettino la tesi che un’industria così imponente e vetusta che fabbrica acciaio non potrà mai essere compatibile con la salute dei cittadini che vivono a pochi metri da essa. Si dovrebbe, al contrario, sollecitare l’attivazione di processi di riconversione per dare a Taranto nuove economie che non inquinano e che non causino così tante malattie e morti. Occorre, altresì, che il Governo e gli enti locali si attivino in sinergia per garantire il sostentamento dei lavoratori e della loro riqualificazione professionale, al fine di non lasciarli con le loro famiglie, reclamando l’utilizzo di tutti i mezzi e gli strumenti possibili a sostegno della loro sicurezza economica, della loro salute e di quella di tutti i cittadini di Taranto.

Prof. Fabio Matacchiera (Fondo Antidiossina Taranto Onlus)

Gli operai in irruzione nella conferenza stampa di Ilva il 27 luglio pomeriggio, alcuni hanno svelato retroscena delle manifestazioni. 

Chi non si fa piegare come loro, potrebbe essere l’interlocutore ideale dell’ambientalismo, delle green economy, per comprendere che Taranto non è l’acciaio ma se lo vuole può convertire la sua economia, ricollocando e creando altre prospettive oggi ostacolate dall’inquinamento e della depressione sociale

Irruzione alla conferenza stampa dell’Ilva il 27 luglio 2012 nel video di Gianluca Coviello