Tante perplessità investono i tarantini in queste ore, tra sentimenti contrastanti, da quando la Consulta della Corte Costituzionale ha respinto il ricorso dei giudici di Taranto contro la legge “Salva Ilva”. Attendendo le motivazioni ufficiali, quando è stato diramato questo comunicato stampa, lo scoramento aveva preso il sopravvento: “La Corte costituzionale, all’esito dell’udienza pubblica e della camera di consiglio in data odierna, relativamente ai procedimenti r.o. n. 19 e n. 20 del 2013, promossi dal Giudice per le indagini preliminari e dal Tribunale di Taranto, ha ritenuto in parte inammissibili e in parte non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 3 del decreto-legge n. 207 del 2012, conv. dalla legge n. 231 del 2012. La decisione è stata deliberata, tra l’altro, in base alla considerazione che le norme censurate non violano i parametri costituzionali evocati in quanto non influiscono sull’accertamento delle eventuali responsabilità derivanti dall’inosservanza delle prescrizioni di tutela ambientale, e in particolare dell’autorizzazione integrata ambientale riesaminata, nei confronti della quale, in quanto atto amministrativo, sono possibili gli ordinari rimedi giurisdizionali previsti dall’ordinamento. La Corte ha, altresì, ritenuto che le norme censurate non hanno alcuna incidenza sull’accertamento delle responsabilità nell’ambito del procedimento penale in corso davanti all’autorità giudiziaria di Taranto”.
Quella giornata, quel 9 aprile 2013, l’ho vissuta tra l’udienza pubblica nel Palazzo della Consulta ed il sit-in dei cittadini di Taranto davanti a Montecitorio.
Palazzo della Consulta della Corte Costituzionale, 9 Aprile 2013, Roma
E vorrei provare a raccontarvela interrogandomi come avrebbe fatto un cittadino qualsiasi.
Il giudice relatore, Silvestri, ha esordito leggendo l’ordinanza di rimessione alla Corte, arrivata da Taranto, da Gip e Procura.
I giudici di Taranto avevano elencato la lista di limiti della legge “Salva Ilva”: la possibilità di continuare a proseguire l’attività illecita per 36 mesi; la discriminazione dei cittadini impossibilitati a fare ricorso in tutela dei propri diritti contro l’Aia rilasciata il 26 ottobre 2012, con apparente forza di legge dello Stato; il notevole sforzo legislativo mirante a favorire l’Ilva a discapito di altre aziende; la violazione di tanti articoli della Costituzione (2, 3, 9, 24, 25, 27, 32, 41, 101, 102, 103, 104, 107, 111, 112, 113, 117; in più in relazione all’articolo 6 della Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’uomo e libertà fondamentali, articoli 3 e 35 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea ed articolo 191 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea).
In ballo c’era tanto: il rischio di svuotare di senso la responsabilità penale del sistema dei Riva, l’inibizione ad agire in giudizio, il valore di un ambiente salubre meno importante dell’economia, il principio di precauzione a livello europeo.
Un bel fardello insomma.
Mi sarei aspettata di vedere una folla di persone ad assistere, ed invece c’erano solo, praticamente, gli studenti universitari e qualche giornalista o documentarista.
E mi sarei aspettata di vedere tanti avvocati a sostenere l’incostituzionalità della legge.
Purtroppo, ho appreso, sul posto, come il rispetto delle procedure avesse determinato, al contrario, una disparità di forze.
Un 5+1 contro 1. Mi spiego meglio: dalla parte della legge “Salva Ilva”, ho ascoltato due lunghe arringhe di legali dell’Ilva, più una breve postilla di un terzo legale ed un’altra arringa di Federacciai e Confindustria, in questo ultimo caso non ammessi alla discussione. E la stessa Avvocatura dello Stato era nella sostanza pro Ilva; a difendere la posizione dei giudici di Taranto, è stato ammesso solo l’avvocato degli allevatori, Fornaro, ai quali la diossina ha strappato via gli agnelli, sacrificati come capri espiatori (non ammesso il WWF).
Pensate un po’ come sarebbero cambiate le cose se ci fosse stata la città di Taranto rappresentata, se ci fosse stato il Comune come parte civile fin dagli inizi dell’iter del giudizio principale.
Solo i Fornaro, avevano un interesse qualificato per mandare in Consulta un avvocato.
Solo i Fornaro potevano difendere Taranto.
Una arringa contro tutti, se sommiamo tutte le posizioni di fatto ascoltate (in quanto il WWF non ha argomentato in udienza).
Prima di poter sentire l’arringa dell’avvocato Sergio Torsella, a difesa della Costituzione, dei giudici di Taranto, e della posizione di tutti i cittadini in piazza il 7 aprile a Taranto ed a Roma il 9 aprile, ho dovuto ascoltare una lista di motivazioni filo-acciaio. Federacciai/Confindustria, prima di essere esclusa ha fatto in tempo a raccontare del 25% di entrate garantite dall’Ilva e dalle sue 8 milioni di tonnellate di prodotto, e di come avessero partecipato al processo di formazione della legge Salva Ilva.
Ad uno ad uno, i legali dell’Ilva hanno elencato i loro cavilli. E, ascoltati dall’esterno, impressionavano certi loro argomenti: non c’è un assetto gerarchico nella Costituzione ma un equilibrio di principi, in una dimensione pluralista, ragionevolmente bilanciata, attraverso la coessenzialità; il giudice rimettente non può decidere di considerare prioritaria la “salute” e di non considerare l’Aia;
non c’è compressione del sistema penale durante le indagini preliminari, non c’è contrazione; i giudici di Taranto criticano l’Aia e la legge dello Stato e si impuntano sulle prescrizioni del sequestro assumendosi l’onere di dettare le norme di esercizio dell’attività industriale, negando il valore dell’Aia, attribuendosi un compito non previsto nella Carta Costituzionale, rivendicando un potere inesistente.
Ora, leggete, l’avvocato De Luca, dell’Ilva, ha detto in sintesi questo: “Il diritto alla salute sarebbe un diritto assoluto? Nel mondo moderno, ci sono attività con rischi. Sicuramente, la circolazione stradale di Taranto provoca centinaia di morti. Allora vietiamo la circolazione? I cellulari? Le sigarette? Gli alcolici? Tutte le attività civili? I giudici di Taranto sollevano un principio vetusto, arcaico e l’Ilva non ha mai violato leggi sulle emissioni”. Si….lo ha detto….ed io c’ero. E, quindi, tarantini se vedete slopping, emissioni fuggitive, se le centraline sono ad oltre 15000 metri, e non controllano la notte e costantemente, forse avete avuto le allucinazioni. Forse le abbiamo avute tutti…
Gli avvocati dello Stato, nella sostanza difendevano una legge scritta insieme agli industriali… In sintesi, hanno sostenuto questo: “I magistrati penali di Taranto hanno rivisto le proprie posizioni, hanno sequestrato i prodotti e poi li hanno dissequestrati e messi in vendita, quindi non erano illeciti, come le monete false e le droghe; il legislatore ha dettato regole frutto di valutazioni politiche, e comparazione di interessi; il giudice può solo applicare la legge rigidamente e sequestrare, e solo il Parlamento può dettare le regole in modo elastico. Il giudice di Taranto non può pretendere l’esclusiva della tutela degli interessi assistiti. La tutela preventiva spetta ugualmente al Parlamento ed all’autorità amministrativa. I giudici di Taranto non possono rivendicare questo monopolio”. Ed ancora: “Il Bilanciamento effettuato dal legislatore, nella legge provvedimento-tipo-occorrenza, è adeguato. Il diritto alla salute non può essere mai espresso in termini così assoluti o gerarchici, il provvedimento è un mosaico logico e coerente. La Comunità Europea non ha mai messo l’ambiente al centro, perché lambiva gli interessi del carbone e dell’energia; il principio di precauzione va visto in chiave pragmatica e l’ambiente va collegato nell’ambito del profilo economico produttivo”.
Ecco…a questo punto, finalmente, arriva il momento dell’avvocato Sergio Torsella: “E stata violata la separazione dei poteri, la legge confligge con un provvedimento correttamente emanato. La legge (la Salva Ilva) ha lo scopo di intervenire in modo cogente, il precipuo scopo di intervenire in un procedimento in corso, sopprime la funzione di controllo. Il Ministero avoca le funzioni di controllo su di se. La figura del garante propone misure all’Esecutivo. L’Esecutivo assorbe su di se gli altri poteri. Ma come? Addirittura, nella legge, provvedimenti monocratici del ministro per l’ambiente consentono l’attività produttiva durante i 36 mesi della fase di sequestro. Però, c’è attività criminosa in atto! C’è una irragionevolezza forte nella legge. Non sanziona il disastro. Colpisce le cose lievi e lascia indenni le condotte più gravi in pendenza di Aia. I diritti possono essere bilanciati, ma, in sede di Aia, il gruppo di lavoro ha escluso di doversi occupare del diritto alla salute, allora come fa ad esserci comparazione corretta di interessi? Trenta persone all’anno muoiono di inquinamento perché le regole non vengono rispettate. Non si possono subordinare gli interessi della produzione a due morti al mese. E la Comunità Europea sta già svolgendo delle indagini (entro il 1° aprile l’Italia avrebbe dovuto spiegare il mancato rispetto delle prescrizioni dell’Aia dell’Ilva)”. Ci può essere corretta tutela, concludeva nella sua arringa l’avvocato Torsella, solò se l’Aia non ha forza di legge e si può fare ricorso.
Nel frattempo, i tarantini, tenacemente manifestavano, cantando “Taranto Libera”, strappando ai grillini la promessa di vagliare un dossier e sottoporlo alle commissioni. Perché, il Parlamento le leggi le può abrogare e cambiare, non dimentichiamolo.
A turno, parlavano al megafono ed al microfono (nella didascalia di una delle foto, le parole di Angelo Bonelli)
Aumenta la folla al sit-in di Montecitorio
Si attendono parlamentari al sit-in di Montecitorio
Un appello a Papa Francesco
Giornalisti delle agenzie stampa cercano di capire
La maglietta “Taranto Ribellati” ed Angelo Bonelli al Megafono: “Se la Corte Costituzionale si prende la responsabilità di respingere l’istanza dei giudici di Taranto di dichiarare incostituzionale quella legge, si assume la responsabilità di dichiarare Taranto come “zona franca” a beneficio degli inquinatori. In quel caso, la Costituzione non esisterebbe più a Taranto. La Famiglia Riva è stata condannata due volte con sentenze passate in giudicato. Il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini parla lo stesso linguaggio degli inquinatori”.
Aggiornamento della situazione, dopo sit-in ed udienza in Corte Costituzionale
Bene, alla fine di questo racconto, spero di poter leggere delle motivazioni interpretative e capaci magari di leggere in una chiave diversa questa legge Salva Ilva ritenuta costituzionale.
E spero di poter rivedere il diritto alla salute dei tarantini, e dei suoi bambini, al centro di tutto, sgombrando il campo da discorsi astratti.
La vita vera non è una lezione universitaria di economia industriale.
A quegli studenti presenti il 9 aprile alla Consulta, suggerirei di visitare il rione Tamburi…
Si trova ai Tamburi di Taranto, tra le case parcheggio.