Dopo aver visto le bellissime foto e narrazioni del Funerale di Taranto, il 10 dicembre 2012, via social network, dove ogni cittadino diventa citizen reporter ed ogni giornalista o fotografo se non trova il modo di esserci, meglio cambiare mestiere…
Beh, dopo aver fatto questa considerazione, ed aver letto i post di alcuni siti internet di informazione on line, oppure collegati alla stampa cartacea, stamattina, dopo il caffè e qualche livetweeting mi sono chiesta: come facciamo a far fare un passo in avanti a questa narrazione?
Qualche scatto del corteo, tra Piazza Castello ed il Comune, non ve lo nego, certo.
C’era la bara con una tuta da lavoro di operai dell’Ilva, prodotti tipici danneggiati dall’inquinamento come formaggi alla diossina, mitili, o compromessi semplicemente da una associazione di idee, come mandarini e clementine.
C’era un messaggio sul decreto legge “Salva Ilva Ammazza Taranto” incostituzionale (ma i docenti di Diritto Costituzionale come affrontano il caso all’Università, sono un po’ imbarazzati?).
C’erano le sagome scheletriche, i cartelli, le mascherine, l’apecar listato a lutto con il manifesto mortuario, le marce funebri tarantine, colonna sonora dei riti della Settimana Santa prima di Pasqua.
Ogni tanto c’era il coro “Taranto Libera”. E c’era una nutrita partecipazione.
Sembrava un po’ una tragicommedia greca e le colonne doriche arcaiche hanno conferito un fascino magnogreco a questo rito collettivo funebre.
Come vuole la tradizione delle assemblee pubbliche del “Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti”, tutti possono prendere la parola e dire qualcosa.
Nel frattempo, però, nel brusio di sottofondo, nelle conversazioni di tutti, c’era una voce, tipo diavoletto, continua, un tarlo, un dubbio: Ma Corrado Clini, ribattezzato di diritto dalla comunità tarantina “Ministro della Siderurgia”, nonostante sia ufficialmente il Ministro dell’Ambiente, ha usato o no la parola Evacuazione, riferendosi al rione Tamburi?
Ho visto il video originale di Sky, sulla dichiarazione rilasciata a Roma, all’evento “Più Libri Più Liberi”. Tutti possono ascoltare con le proprie orecchie. E vi anticipo la risposta: Non l’ha detto, ha parlato di Delocalizzazione delle case, dopo aver citato il sindaco di Taranto, Ippazio Stefano
….Trovato! Eureka! Ecco cosa posso fare. Farmi domande e darmi risposte sulle Case Parcheggio ai Tamburi.
Purtroppo, la stampa nazionale non è al corrente della lunga e tormentata storia delle Case Parcheggio dei Tamburi – alcune a dire la verità in pessime condizioni e questo va detto – e quindi i giornalisti di fuori si sono limitati a fare botta e risposta sul termine “Evacuazione” con la tiritera di: l’ha detto, non l’ha detto, tipo petali di margherita.
Insomma, cosa voleva dire quando parlava di delocalizzazione? Provo a spiegarlo molto semplicemente e vi avverto subito: non c’è notizia, storia vecchia, fritta e rifritta dall’inizio degli 2000 e da prima della proclamazione del dissesto finanziario del Comune di Taranto.
O forse la notizia c’è: la gente di Taranto sembrava all’oscuro di questi progetti di demolizione, come se fosse stata informata per la prima volta dell’ipotesi agghiacciante di un diabolico disegno politico.
Questo non è lo spazio dei tecnicismi e vorrei provare a tradurlo il concetto: chi è stato delegato negli anni a rappresentare i cittadini negli enti pubblici sa tutto di quel progetto sulle Case Parcheggio dei Tamburi.
Qual era il progetto? Curiosi? Ecco qui: acquistare 414 alloggi tra quelli popolari più vicini ai parchi minerari, demolirli e poi dopo una consultazione con psicologi e laboratori di quartiere ricostruirli in un’area pulita non esposta allo spolverio.
A volte, ci vuole memoria storica…
Quella riqualificazione urbana è stata inserita in una miriade di progetti e sottoprogetti, sempre la stessa idea, mai realizzata, però buona ad attrarre finanziamenti a vuoto, quello si.
Grosso modo si è sempre parlato di 10 milioni di euro, poco più o poco meno: prima dovevano fare parte dei 56 milioni leggendari di una vecchia delibera Cipe, mai più utilizzati; poi furono stanziati di nuovo; poi finirono in un accordo quadro sui Tamburi (si parlava di acquisizione delle case, caratterizzazione e bonifica dei siti, demolizione di 414 alloggi e ricostruzione in area pulita e non esposta alle polveri, dialogo con i residenti in un laboratorio di quartiere); poi si ipotizzò di collegarli ai Fondi Fas, sbloccati nel novembre 2012 e tra le azioni cardine ci doveva essere la costruzione di case popolari ai Tamburi.
Ed ora, sto progetto di
demolizione
ricostruzione
delocalizzazione
deportazione
evacuazione in quale cassetto è finito oltre probabilmente a finire nella dichiarazione di Corrado Clini?
Non si parla più di 414 alloggi ma nell’ultima delibera del Comune di Taranto, di settembre, sulle proposte da sottoporre al Piano delle Città, si spiegava come solo le bonifiche e le caratterizzazioni avrebbero poi consentito di demolire e cantierizzare (sottoprogetto 4, Tamburi).
Si torna a parlare della demolizione delle case parcheggio, solo in riferimento ad un progetto privato di conseguente ricostruzione di circa 30 case in area dell’ex mercato rionale, forse.
Ed ora? Attendendo il Piano della Città ufficiale (fondi Ministero delle Infrastrutture in tutta Italia… ma se il Governo Monti cade????) chiederei alla Regione se nei Fondi Fas ridati alla Puglia ci sono progetti di demolizione e ricostruzione delle Case Parcheggio dei Tamburi, chiederei al Comune se nel Piano delle Città in fase di approvazione e valutazione, pur dovendo rimandare la demolizione e ricostruzione delle Case Parcheggio, il progetto è stato comunque inserito, condizionato all’avvenuta bonifica.
E chiederei a Regione e Comune: Insomma alla fine ste case le volete demolire e ricostruire, si o no?
Prima di mandare le ruspe (ed il kit di protezione anti amianto sbriciolato) avvisate i residenti dei Tamburi, grazie.
Perché, quando hanno sentito parlare di: demolizione/ricostruzione/delocalizzazione/deportazione/evacuazione si sono un po’ innervositi.
Loro vorrebbero far sloggiare l’Ilva illegale, non spostare le case…
Alla fine della giornata, Cataldo Ranieri ha fatto la sua saggia riflessione: «Evacuazione o Delocalizzazione…E che cambia? Il ministro Clini perché non parla degli operai esposti agli inquinanti dentro l’Ilva? Il tornado ha abbattuto una torre ferma dagli anni ’90, coibentata con l’amianto. Si è sbriciolato. Il vento l’ha portato ovunque. Verso Statte. Gli operai lavorano li dentro. Inquinanti ed amianto sono la dentro da sempre. L’azienda lo sa».
Sempre saggio!
Si, perché quando si parlava di demolizione e ricostruzione delle Case Parcheggio, dieci anni fa e, pure dopo, pochi cittadini ribelli avevano capito in città quanto illegale fosse il comportamento dell’Ilva, quanto gravi fossero le scoperte dei Carabinieri del Noe e della Procura, alla base del sequestro preventivo dell’area a caldo, per disastro ambientale doloso ed avvelenamento, quanto preoccupanti fossero le incidenze di morbosità e malattie tra i bambini, vittime di danni genotossici del dna, provocati dal benzo(a)pirene.
Quindi, cari ministri ed amministratori: la gente vorrebbe far Evacuare l’Ilva, Demolire gli impianti inquinanti, Delocalizzare verso una economia green i lavoratori riqualificandoli e ricollocandoli, Deportare tutte le fonti di inquinamento fossile in un’altra epoca della storia, quando questo termine era tristemente associato a regimi totalitari e genocidi.
A Taranto, si vuole ricostruire il tessuto sociale…
E gli abitanti di questa città sacrificale vorrebbero risorgere dalle macerie di un modello industriale calato dall’alto e gestito contro la legge fino ad oggi.
A Natale, abbiamo celebrato il “Funerale”. Sarebbe un sogno celebrare la domenica di Pasqua la “Resurrezione di Taranto”.
Nel frattempo, il neo Comitato 15 Dicembre comprendente diversi comitati ed associazioni, si prepara al grande corteo di sabato prossimo, da Piazza Sicilia a Piazza della Vittoria: “Taranto Libera”.