Liberi e Pensanti, Assemblea Pubblica il 12 gennaio 2013, davanti alla colonne doriche arcaiche di Taras, l’antica Taranto

 

Se mi fossi trovata casualmente, passeggiando sul ponte girevole di Taranto, guardando le colonne doriche arcaiche, il 12 gennaio 2013, in concomitanza con la prima assemblea pubblica del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi e Pensanti del nuovo anno, cosa avrei notato, visto, al mio passaggio, cosa avrebbe catturato la mia attenzione?

L’avevo scelto, sapevo dell’evento. Ho provato a mettermi nei panni di un turista incuriosito.

La prima cosa  sarebbe stata la sfilza di lucchetti sulle ringhiere del ponte, tra il Borgo e l’Isola dove un tempo ci sarebbe stata la vecchia Acropoli magnogreca. Uno fra tutti, il lucchetto “Save Mar Piccolo”.

 

Save Mar Piccolo

Save Mar Piccolo

Poi sarei andata avanti ed all’orizzonte mi avrebbe incuriosita un assembramento di gente. Protesta? Manifestazione? Che sarà stato mai…? Pensando di fotografare le colonne doriche arcaiche, magari mi sarei avvicinata a Piazza Castello ed avrei scoperto un gruppo di tranquilli cittadini impegnati a fare, come i loro avi, le assemblee pubbliche di piazza. Si trattava del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti. Il loro megafono era poggiato sul simbolo della città, Taras con il delfino.

Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti in Piazza Castello. Colonne Doriche sullo sfondo. Il megafono sul simbolo della città.

Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti in Piazza Castello. Colonne Doriche sullo sfondo. Il megafono sul simbolo della città.

 

A turno, prendevano la parola. Sognando un futuro culturale, fatto di mare, turismo, cultura della Magna Grecia, parlavano di attualità. Tra di loro, ci sono tanti lavoratori dell’Ilva, i quali, contrariamente alla disinformazione fatta attraverso i media nazionali, non sono tutti della stessa opinione sul futuro dell’industria pesante a Taranto.

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Cataldo Ranieri, ha ricordato la totale sfiducia di questi operai sulla buona fede dei Riva riguardo alla possibilità di investire davvero nel risanamento degli impianti dell’acciaieria. Ed essendo convinti di questo raggiro, loro continuano a sperare nella conversione del comparto, in nuovi lavori puliti e leciti, ed in uno Stato dalla parte giusta, della legalità, e dei diritti umani e costituzionali. E, soprattutto, fermo e rigido sul sequestro dei semilavorati prodotti durante il sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva.

Cataldo Ranieri parla a cittadini e lavoratori

Cataldo Ranieri parla a cittadini e lavoratori

Tra una cosa e l’altra, un passante, avrebbe notato le tante biciclette, sprone ad una mobilità ciclabile.

Biciclette in Piazza Castello all'assemblea pubblica

Biciclette in Piazza Castello all’assemblea pubblica

Ed avrebbe poi appreso di piantine dell’agosto del 1970, su almeno due tunnel sotterranei dei Tamburi, spedite da anonimi, utilizzati già ai tempi dell’Italsider Pubblica, a scopi di raffreddamento degli impianti, al di sotto di edifici e scuole, in aree a potenziale rischio voragine. Oltre al fatto di sentir ipotizzare di una possibile correlazione tra presunti cedimenti di una galleria sotterranea, sotto le vie Deledda, De Amicis, Archimede, ed una voragine di qualche tempo fa, dove ci finì un pulmino. Un esposto è già in Procura con queste informazioni. Beh, un turista avrebbe potuto sapere tante cose e forse avrebbe capito perchè gli abitanti di Taranto, nonostante siano stanchi di doversi difendere da soli e di non essere sostenuti davvero dall’opinione pubblica italiana nel suo complesso, ormai si sono incamminati sulla strada della consapevolezza e della cittadinanza attiva senza essere più disposti a fare retromarcia. Al punto di aver inviato questo invito:

Il gruppo “Salute&Ambiente'” ha come obiettivo la valutazione, lo studio e l’elaborazione di problematiche ambientali e sanitarie sia allo scopo di apportare il proprio contributo tecnico alle questioni succitate, sia allo scopo di divulgare in maniera semplice problematiche spesso complesse e difficili da comprendere. Il gruppo opererà attraverso iniziative che saranno concordate in assemblea generale. Pertanto con queste righe invitiamo chimici, esperti di diritto ambientale, avvocati, medici, ingegneri e semplici appassionati di problematiche sanitarie e ambientali a collaborare scrivendo alla seguente e-mail: saluteambiente.cclp@gmail.com e specificando il tipo di contributo che si vuole offrire.

 

 

In piazze, strade, vicoli di Taranto, partecipazione e dibattito mai così intensi sul futuro con o senza acciaio. Si alla vita ed ai diritti

Da quando respiro, mi arrangio, mi barcameno sulle sponde dei due mari di Taranto, non avevo mai assistito ad una serie continua e coinvolgente di assemblee di piazza, democratiche, dove tutti possono chiedere la parola, ed informarsi insieme, guardando un filmato…lo spezzone di un trailer di un vecchio film sulla sicurezza nelle fabbriche (Il posto dell’anima, come capitò alla fine di “Io non delego io partecipo”)

Dal canale youtube di ricordo67:

 

Oppure…ascoltando un rapper cresciuto convogliando la sua rabbia nel tipico genere musicale di strada.

Una cultura ambientale ora sempre più matura e pronta a confluire in un gruppo di artisti ambientalisti: l’Aut, Artisti uniti per Taranto (http://www.facebook.com/pages/Artisti-uniti-per-Taranto-AUT/329851273778897)

Ormai, succede tutte le settimane, ed, addirittura, adesso con i social network, il Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti, http://www.facebook.com/CittadiniELavoratoriLiberiEPensanti con il suo simbolo dell’apecar della svolta, esorta a votare la piazza della futura riunione, o assemblea. Da non crederci, temendo di non essere trasparenti, i portavoce del comitato informano, chi ha aderito alle mailing list, di ogni cosa, perfino delle difficoltà e degli ostacoli in fabbrica quando la direzione dell’Ilva avrebbe cercato di non rilasciare il permesso a Cataldo Ranieri di andare in Prefettura, il 22 ottobre 2012, all’incontro del Ministro della Salute, Renato Balduzzi, con le associazioni tarantine.

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04_Intervento_Ministero_Salute_AIA_Rapporto_Taranto_2012

03_Biomonitoraggio_Rapporto_Taranto_2012

02_Qualita_dell_aria_Rapporto_Taranto_2012

01_Studi_epidemiologici_Rapporto_Taranto_2012

Era successo poco prima della presentazione ufficiale dell’aggiornamento dello studio Sentieri (sopra i pdf scaricabili, fonte,Ministero della Salute, http://www.salute.gov.it) al Padiglione Vinci del Santissima Annunziata di Taranto, da dove si coglie la correlazione tra aumento di malattie e morti e la zona industriale, con l’Ilva principale fabbrica di inquinanti velenosi. Sulla stessa lunghezza d’onda delle perizie, chimica, ed epidemiologica, disposte dal Gip, Patrizia Todisco, nell’incidente probatorio precedente al decreto di sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto, ancora, lo ricordiamo, in via di esecuzione, e non annullato assolutamente. Nonostante l’Aia, Autorizzazione integrata ambientale, illegale in caso di impianti in condizioni di pericolo, se si legge il decreto di recepimento della direttiva comunitaria, e quindi con uno stratosferico vizio di forma all’origine, del quale nessuno sembra voler parlare, eccetto Legamjonici (http://legamionicicontroinquinamento.wordpress.com/)

Quel 22 ottobre, è stata una giornata di verità nelle stanze dei bottoni di Prefettura ed Asl, a porte chiuse, e di reazioni di piazza, tra la conferenza al monumento dei marinai, delle Donne per Taranto, le sagome raffiguranti morti di cancro nelle vie della città, e l’assemblea pubblica organizzata in Piazza Garibaldi, nel segno dell’apecar.

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Mesi ad attendere quei dati dello studio Sentieri, semplicemente per avere un ministro da citare quando si parla di mortalità a Taranto, un virgolettato buono a non farsi querelare nei media senza schiena dritta.

Eppure, il tentativo di riportare indietro le lancette della divulgazione c’è stato. C’era chi ironizzava sulla reazione del Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, arrivata subito nel tentativo di associare quei numeri di inquinanti e morti al pre Ilva del Gruppo Riva.

E poi la sequenza di note stampa di politici amministratori con lo stesso scopo. Qualcuno sicuramente ora ha più ansie di prima. Forse i sindacati confederali, così contestati da quelli dell’apecar per i metodi non rispettosi della dignità sul lavoro? O chi ha firmato un’Aia formalmente illegale e da revocare? O chi non si rassegna a fare da parte lesa, l’Ambiente, se dopo le indagini preliminari si arriva al processo contro l’Ilva per disastro ambientale doloso ed avvelenamento? (ah…, tra le tante note stampa del rito del copia&incolla, qualcuno è perfino cascato nella notizia scoop falsa “la gente si ammala a causa della catena alimentare inquinata, lo dice Clini”…e no lo hanno denunciato allevatori ed ambientalisti da tempo, e fa parte degli esposti alla Procura e delle premesse del decreto di sequestro preventivo, quindi evitiamo idiozie di riabilitazione dell’immagine…per favore, gli agnelli morti degli allevamenti intorno all’Ilva ancora ce li ricordiamo, le cozze distrutte anche, e certo non lo ha scoperto un ministro ieri, solo perché sta scritto in un’agenzia stampa, vi prego…).

Un aspetto significativo di questa fase, non evidentemente chiaro oltre i confini di Taranto, tra chi non è venuto sul posto, chi si informa da fuori e non ha avuto il tempo di vedere gli unici programmi televisivi nazionali completi e rispettosi su tutti gli aspetti e le sfumature della vicenda – L’Infedele, Piazza Pulita, Parliamone in famiglia, e rari servizi del Tg di La7 o di Rai News24 o TgCom24, a parte una puntata di Radio 3 Scienza, molto raramente – è la denuncia della condotta anti sindacale dei sindacati confederali, Cgil (ogni tanto con qualche ravvedimento nella Fiom), Cisl, e Uil.

Io non mi meraviglio, perché da tempo noto l’assoluta lontananza dei sindacati – compreso il grosso delle Assostampa italiane riunite nella Fnsi e prima o poi arriverà un post sui retroscena dei problemi degli organi di informazione – dai problemi delle persone, dalle esigenze dei lavoratori.

Bene, come si dice, “schiaffatevi” in testa la premessa della svolta dell’apecar: i sindacati non sono stati vicini ai diritti, secondo quei lavoratori. E gli stessi sindacati vengono invece osannati fuori da Taranto, non sono altri, #sapevatelo si direbbe su twitter.

Interrogatevi su cosa sia successo. Cambiate schema. Quando approfondite, non accontentatevi della dichiarazione di un rappresentante sindacale spesso non allineato con i disagi denunciati dal basso.

Taranto, insegna molto in questa vicenda: su quanto sia caduto in basso il diritto del lavoro, unitamente alla cultura della sicurezza e della salute, e se ci aggiungiamo la spocchia di chi definisce “choosy”, schizzinosi, i giovani di oggi, accusati di non volere accettare lavori umili, avendo come esempio fratelli maggiori tra i 30 e i 40 anni vessati e precarizzati da oltre un decennio, facciamo tombola.

C’è chi si affanna a tenere aperta la fabbrica, sperando di trovare un cavillo ed esclamare: “tranquilli, non si muore a Taranto, è stato un errore”.

Invece, questo momento storico dovrebbe servire a dare risposte alla crisi dei valori umani all’interno dell’Ilva/Feudo, alle urla di denuncia dei lavoratori liberi e pensanti, al coraggio di dire “Non vogliamo più essere assassini dei tarantini”. Una frase da brivido, un grido di dolore, in Piazza Garibaldi, dopo aver sentito la notizia dei nuovi numeri di “Sentieri”.

Ora, chi darà risposte e fiducia a questi lavoratori coraggiosi, con tanta dignità, capaci di rischiare il lavoro, pur di mettere al primo posto i diritti e la vita umana? Perché lo Stato non prepara una via d’uscita, verso una bonifica vera, non un business, una conversione di comparto, con questi operai meritatamente protagonisti della svolta? Perché non ascolta il loro appello ad inserirli in campagne di screening di massa rivolte a loro ed ai cittadini dei rioni più esposti, sulla diagnosi precoce delle patologie più insidiose, tra cancri, mesoteliomi, malattie cardio respiratorie?

Stanno smentendo tutti gli slogan sull’Aia, come ad esempio quello sul limite di produzione, spiegando come l’Ilva non avesse mai superato certi limiti.

Loro sono convinti, sentono le voci da tempo: “Riva (agli arresti domiciliari) se ne vuole andare entro il 2016, si sa, sta prendendo tempo”.

E, nel frattempo, come reagisce la comunità? Se non lo sapete, il primo cittadino dichiarava a Baobab, su Radio Uno, lo stesso giorno, lunedì pomeriggio (puntata in podcast sul sito di radiouno, 22 ottobre, da 1h e 13′, il sindaco, Ippazio Stefano): «Non possiamo abbandonare la fabbrica, dopo tanti sacrifici (umani forse?), non possiamo cambiare economia in città prima di 20 anni». E quando si inizia questa metamorfosi?

Quando ho iniziato a scrivere questo post, non sapevo nemmeno io da dove iniziare e come finire. Questo, è un racconto di chi vede la gente, tutti i giorni, la ascolta, ci parla. Dialoga con tutti, allo stesso modo. Essere giornalisti, non significa non avere una coscienza. Ed oggi, scegliere da che parte stare, è una questione di etica e di coscienza. I vili e i furbi fanno strada. Gli scomodi restano alla porta. Però, la loro dignità e la libertà di parola ed osservazione, fortunatamente ancora non potete impedirle.

Ecco le conclusioni e le sintesi al termine di alcuni dei pdf dello Studio Sentieri inseriti qualche rigo più sopra:

Considerazioni conclusive

Le sintetiche considerazioni svolte in questo documento identificano nei microinquinanti organici

presenti nel PM10 i principali fattori di rischio per la salute attribuibili all’attività dello stabilimento

siderurgico, ed evidenziano impatti sanitari differenziati nello spazio e nelle modalità di

esposizione in funzione delle loro proprietà chimico-fisiche e delle modalità del rilascio

nell’ambiente. In particolare i residenti nel quartiere Tamburi sperimentano in inverno e

primavera esposizioni significative a B(a)P per via inalatoria per la maggior parte del tempo.

Responsabile di detta esposizione e l’emissione di IPA dalla cokeria che risulta significativa per

quantità e modalità di emissione. Le cause che determinano queste emissioni rendono difficile la

loro gestione tecnologica e pongono il problema della prossimità tra sorgente di emissione ed aree

urbanizzate. In questo contesto, la riduzione della capacita produttiva dell’impianto, o la sua

delocalizzazione anche scaglionata nel tempo, appaiono al momento come le più efficaci misure di

mitigazione del rischio sanitario nell’ area di Tamburi.

L’analisi probabilistica di rischio, sebbene basata su dati incerti o poco specifici perché recuperati

dalla letteratura, indica che l’esposizione a PCDD/Fs e PCB DL dei residenti nel quartiere Tamburi

non incide significativamente sull’intake settimanale ritenuto accettabile dalla Commissione

Europea e configura un rischio analogo a quello dei residenti in altre aree urbane.

Diversamente,

la deposizione al suolo di PCDD/Fs e PCB DL e la loro capacita di penetrare nella catena alimentare rende questi composti pericolosi per ingestione attraverso gli alimenti. Ciò implica la possibilità della loro intercettazione tramite un più stringente controllo dei prodotti locali dell’agricoltura e dell’allevamento destinati al consumo umano.

IN SINTESI

Dai risultati presentati emerge con chiarezza uno stato di compromissione della salute della popolazione residente a Taranto. Questo quadro è coerente con quanto emerso dai precedenti studi descrittivi ed analitici di mortalità e morbosità, in particolare la coorte dei residenti a Taranto nella quale, anche dopo avere considerato i determinanti socio-economici, i residenti nei quartieri di Tamburi, Borgo, Paolo VI e nel comune di Statte mostrano una mortalità e morbosità più elevata rispetto alla popolazione di riferimento, in particolare per le malattie per le quali le esposizioni ambientali presenti nel sito possono costituire specifici fattori di rischio.

IL RISCHIO SANITARIO RELATIVO ALLA QUALITÀ DELL’ARIA NEL SITO DI TARANTO

In base ai dati dell’ultimo rapporto sulla qualità delle aree urbane italiane, pubblicato nel 2012, non si evidenziano a Taranto situazioni di degrado diverse dalla maggior parte dei centri urbani italiani per quanto riguarda la concentrazione media annuale di materiale particellare (PM10), rilevato dalle sette stazioni della rete di monitoraggio installata nell’area urbana.

Gli studi epidemiologici tuttavia indicano un nesso causale con le esposizioni ambientali per alcuni eccessi di mortalità e morbosità evidenziati sia nell’area di Taranto e Statte sia nei quartieri più vicini all’area industriale, che identificano nel materiale particellare il principale fattore di rischio.

Questa apparente contraddizione si spiega con l’analisi della composizione del materiale particellare presente nell’aria. Il PM10 è, infatti, una miscela eterogenea di sostanze chimiche che varia in funzione della natura della sorgente da cui viene emesso, e pertanto il dato della sola concentrazione media non è sempre sufficiente a spiegare gli effetti sanitari ad essa correlati.

La caratterizzazione chimica del PM10 costituisce pertanto la differenza tra una lettura ambientale e sanitaria del dato di qualità dell’aria. La componente che caratterizza il PM10 presente nel quartiere Tamburi è il benzopirene, un Idrocarburo Policiclico Aromatico (IPA) classificato come cancerogeno certo dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. E’, infatti, la concentrazione in aria del benzopirene a differenziare il quartiere Tamburi dagli altri quartieri di Taranto e dalle aree urbane italiane.

Lo stabilimento siderurgico, in particolare gli impianti Altoforno, Cookeria ed Agglomerazione, è il maggior emettitore nell’area per oltre il 99% del totale ed è quindi il potenziale responsabile degli effetti sanitari correlabili al benzopirene. Questa ipotesi è confermata dalle campagne di rilevazione dell’ARPA Puglia nel quartiere Tamburi che evidenziano concentrazioni significativamente più elevate di benzopirene quando il vento spinge le polveri presenti nell’area dello stabilimento siderurgico verso il quartiere residenziale. Ciò spiega come mai a Taranto si registri la concentrazione media annuale più alta di benzopirene tra le aree urbane italiane (1,8 ng/m3 nel 2010), e che, ancora oggi, tale concentrazione superi largamente il valore obiettivo fissato per il 1° gennaio 2013 dal D.Lgs 155/2010 (1 ng/m3).

Altri inquinanti che caratterizzano il materiale particellare emesso dallo stabilimento siderurgico sono le diossine che, nel corso degli ultimi anni, hanno costretto le autorità sanitarie ad interventi drastici sugli allevamenti zootecnici dell’area. A differenza del benzopirene le principali sorgenti di emissione di diossine sono i camini dello stabilimento, motivo per cui tali contaminanti raggiungono aree più lontane dalle sorgenti di emissione. La concentrazione di diossine nel quartiere Tamburi, infatti, non differisce da quella media urbana delle città europee e la loro inalazione non costituisce pertanto un apprezzabile rischio per la salute degli abitanti. Maggiore attenzione va riservata invece alle diossine che si depositano nel suolo e possono entrare nella catena alimentare risultando, se ingerite, potenzialmente rischiose.

I metalli, altri contaminanti presenti nelle emissioni industriali, non raggiungono a Taranto concentrazioni tali da determinare effetti sulla salute pur risultando le polveri emesse, più ricche di ferro e manganese, elementi caratteristici dei processi siderurgici ma non particolarmente pericolosi per la salute. Anche in questo caso, però, la persistenza ambientale di alcuni metalli sul suolo, richiede di mantenere alta l’attenzione sulla contaminazione degli alimenti prodotti localmente.

Malederba e Majin Rap Hc: la rabbia concentrata in un sound contaminato, rock e rap

“Hey man, il pugno contro il muro di chi vive nella città di ferro…”

 “Hey man, nonostante tutto, così viva resterà”

 “L’aria intorno è diossina, così vicina, l’aria che in fondo respira anche la tua bambina”

Ci sono tanti modi di raccontare e trasmettere la rabbia. Il più efficace è la musica. Perché aiuta a canalizzare in un flusso artistico sentimenti intossicati, arrabbiati, nervosi di chi vive alle pendici della zona industriale di Taranto o raccoglie l’urlo di dolore di chi respira polveri bruno rossastre di minerale tutti i giorni, le notti, specialmente quando arriva la tramontana. Quel flusso diventa messaggio, condivisione, comunicazione ed aiuta a far crescere la cultura della vita attraverso il racconto in musica ed immagini eco-insostenibili, storiche e nuove, in ricordo delle morti possibili, ed evitabili. Il modo giusto di arrabbiarsi, è questo. Non la violenza ma un’arte estrema fatta di narrazioni forti e suoni, tentando di parlare a chi non vuole ascoltare, con un videoclip fai da te, destinato a diffondersi nei social network. Mi sono imbattuta nel pezzo contaminato dei Malederba, rockettari, e di Majin Rap Hc, con il loro “Hey Man”. Caricato su youtube, a fine luglio del 2012, nei giorni del decreto sul sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto per disastro ambientale ed avvelenamento, lo segnalavano su FB ad ottobre, in coincidenza, senza volerlo, con i giorni della “Giornata Nazionale in ricordo delle Vittime sul Lavoro”. Il video è un montaggio di: quelle vecchie immagini in bianco e nero sulla distruzione di masserie, ulivi, prima dell’Italsider; recenti filmati a raggi infrarossi degli slopping notturni fuori legge dell’Ilva; raccolta di sedimenti inquinati, da parte del Fondo Antidiossina Onlus, davanti agli scarichi di raffreddamento dell’Ilva nei pressi della rada di Mar Grande; la strage degli agnelli innocenti, positivi alla diossina ed ammazzati, al mattatoio, stroncando le attività degli allevatori; i tentativi del giornalista, Alessandro Sortino, di intervistare i Riva anni fa’, se non sbaglio ai tempi di “Malpelo” (oggi i vertici sono agli arresti domiciliari, sottoposti a misure cautelari); l’alienazione dei lavoratori, vittime due volte, del mobbing aziendale, della prepotenza, e della maggiore esposizione ad inquinanti ed incidenti sul lavoro (diminuiti solo perché sono diminuiti i posti di lavoro, come la stessa Inail ha sempre spiegato e come io stessa ho scritto in passato in articoli di giornale). Tra una sequenza e l’altra, c’è il loro testo, forte, duro, tutto dedicato al riscatto dei tarantini costretti a respirare ed intossicarsi, troppo a lungo. In un commento, uno dei rocker, Antonio Marzia, ha scritto, riassumendo l’essenza del brano: «Contaminazioni Rap per un pezzo Rock che esprime un disagio comune, un problema che lega Taranto e le sue province con un filo a doppio nodo: da un lato la presenza schiacciante e invadente di un’industria che intossica il territorio, dall’altro le migliaia di famiglie che inevitabilmente dipendono dalle opportunità di lavoro che la stessa industria offre. Ormai è comune nei tarantini e chiunque presti forza lavoro nella città di ferro, convivere con il dubbio di chi si trova a decidere tra lavoro e salute, mentre istituzioni e uomini di potere fanno marcire un territorio che avrebbe potuto decisamente offrire di più».

L’Infedele di Gad Lerner diventa “Taranto, Italia”. La frase più bella: “Con Ilva o senza Ilva! Non difenderemo un lavoro che uccide!”

Taranto, Italia…

L’affresco con le ciminiere del Siderurgico, dietro l’altare della Chiesa Gesù Divin Lavoratore, è stata la prima suggestione lanciata da Gad Lerner, nei primi istanti della puntata speciale de “L’Infedele”, in diretta dal Quartiere Tamburi, il 1° Ottobre 2012.

E, perché, Taranto era ed è l’Italia? Perché questa città rappresenta tutti i chiaroscuri dell’Italia, tra il minimo dell’etica politico-istituzionale-sindacale ed il massimo dell’impegno civico di cittadini attivi, ambientalisti, medici, lavoratori con senso della dignità e della vita, e magistrati costretti ad intervenire laddove gli altri non sono intervenuti.

E ci voleva un professionale giornalista, un maestro, venuto da fuori, per consentire il primo vero racconto corretto, completo, appassionato, del caso “Taranto”, dal sequestro preventivo dell’area a caldo dell’Ilva, per disastro ambientale doloso ed avvelenamento, in poi.

Gad Lerner ha “informato”, “incalzato” i suoi interlocutori, “duellato con ironia”, “calmato gli animi rabbiosi perché impauriti ed esasperati”.

Prima di andare via, ha detto di aver imparato qualcosa dai tarantini, si è impegnato a seguire l’evoluzione della storia: il giorno dopo l’ha definita, via social media/network, come la sua migliore trasmissione da anni, un’assemblea popolare rappresentativa, vera e propria.

Ha capito quanto importante sia stato uscire dallo studio televisivo, in questa occasione, per questa vicenda, raccontata con faziosità e propagande dalla stragrande maggioranza dei giornalisti o intrattenitori italiani, eccetto davvero poche stelle luminose nella notte, delle quali ho parlato altre volte.

Gad, lasciamelo dire, come se fosse un messaggio nella bottiglia: ho imparato tanto anche io, vedendo all’opera un maestro di giornalismo vero, capace di ricordarmi che, chi lavora come te, aspira a lavorare come te, sta dalla parte giusta, anche se in alcune terre ed epoche viene emarginato e boicottato.

Una lezione di etica giornalistica che mai dimenticherò ed ancora mi commuove e mi da lo slancio di crederci ancora. E, se mentre scrivo questa frase, ho il groppo in gola, vorrà pur dire qualcosa.

Sul palco c’erano: Donato Stefanelli della Fiom, Cosimo Panarelli della Fim, Antonio Talò della Uilm, l’economista, Gianfranco Viesti, il sindaco, Ippazio Stefano, il magistrato, segretario ANM, Maurizio Carbone.

.fischi per i sindacalisti ed il sindaco, appalusi per il magistrato.

Dall’altro lato, c’erano Cataldo Ranieri, del Comitato Cittadini Lavoratori Liberi Pensanti, ovvero quelli dell’Apecar, un’antropologa dell’ateneo barese, originaria di Taranto, Annamaria Rivera, Rossella Balestra di Donne per Taranto, Sabrina Corisi, abitante del rione Tamburi – orfana di una padre, Giuseppe, definito da Gad Lerner, “l’operaio ambientalista”, comunista storico, morto di cancro ai polmoni – intervenuta con un sacchetto di quelle polveri minerarie dei parchi (non coperti in barba alle condanne) che finiscono in casa e nei respiri di tutti.

…applausi e sostegno per tutti loro, la piazza era dalla loro parte.

Ogni momento della trasmissione, è stato un duello, un confronto, una tesi, un’antitesi ed una sintesi. La logica applicata alla tv. Una tv con uno scopo: narrare e risolvere, non soltanto mostrare il dolore e la rabbia, spesso provocandola sadicamente come fa la tv ignobile delle risse tra nemici alla quale va tutto il mio biasimo.

In una lettera, 97 lavoratori dell’Altoforno 5, protagonisti della protesta sui camini e dei blocchi, impiegati in quegli impianti coinvolti nel sequestro preventivo, hanno parlato di un sequestro vissuto come un fulmine a ciel sereno.

Questa frase è tornata più volte al centro dell’attenzione quando il magistrato ha fatto capire che anni di indagini e sentenze definitive di condanna – ed a molti sfuggiva il ricordo di un sequestro di una cokeria l’11 settembre 2001 quando il mondo aveva altro a cui pensare – non possono far pensare ad una sorpresa.

Quando lo stesso Lerner ha ricordato che 15 giorni prima del sequestro, il prefetto, Bruno Ferrante, fu di corsa messo al posto del presidente dell’Ilva.

O quando Cataldo Ranieri, con la dignità e fierezza alla quale ci ha abituato, ha detto: “Chi parla di fulmine a ciel sereno, mente sapendo di mentire”.

Io ero in mezzo ai tarantini insieme ad altri attivisti e giovani colleghi. Noi, non eravamo in platea, e sentivamo, vivevamo in prima persona, i cori esasperati e spontanei dei giovani lavoratori. Quando il conduttore e giornalista sollecitava i presenti con interrogativi – “Ilva chiude ed arriva al fallimento se si spengono gli altoforni? Hanno ragione i lavoratori dell’Afo 5? – questi ragazzi urlavano “E’ una minaccia, non è vero, non sono operai, sono capi!”. Una frase spontanea che rivela il mondo “autarchico” dei reparti/feudo dove non è uguale essere operai o capi con il casco bianco da comandanti.

In questo momento, Gad era arrivato ad una prima conclusione: “La chiusura è un’ingiustizia, su questo siamo tutti d’accordo”, e qui vai con il boato dei cittadini in dissenso su quella affermazione.

Fischi alla cultura del capo/vassallo e dei politici/sindacalisti consenzienti sono arrivati continuamente, finchè non si è scelto di far parlare, al di la della transenna, un lavoratore di quelli dell’apecar: “Lei non vive qua, questa rabbia non la può capire, “Taranto Libera”!

Un momento di alto giornalismo è stata l’intervista, pre-registrata, di Gad Lerner a Bruno Ferrante. Con pungente ironia, il giornalista ha fatto domande, ed il presidente ha dovuto rispondere sulla vita di una “città avvelenata”. Le sue contraddizioni sono state notate sia poi in diretta dal giornalista, sia dalle reazioni incontrollabili della piazza dei Tamburi, alle pendici dell’Ilva. Il passaggio più esaltante, immortalato in questa breve registrazione dal mio punto di osservazione, è stato quando Gad ha incalzato Ferrante sul baratto tra investimento in Alitalia e presunti favori nel rilascio dell’Aia, Autorizzazione integrata ambientale. Mostrando quanto importante sia avere memoria storica ed essersi documentati prima di fare un’intervista così delicata (e non sono mancate bordate prima al Ministro Passera, all’epoca regista di questa operazione da altro ruolo; poi al Ministro Clini, del quale ho già parlato su questo blog).

Altro attimo imbarazzante: in video il presidente dell’Ilva, ancora custode tra l’altro, negava che l’azienda avesse rifocillato i lavoratori dei blocchi stradali; eppure, gli stessi lavoratori intervistati lo confermavano, quasi contenti.

“Nella mia vita – diceva Lerner – non mi era mai capito di scoprire una cosa del genere. Gli operai della Fiat a Mirafiori non vengono mai sostenuti dall’azienda o rifocillati con viveri, panini e bibite”.

Incisiva la testimonianza di Grazia Parisi, pediatra, su quell’orecchio pieno di minerale di Gioele, 3 anni, che al rione Tamburi camminava sotto vento, o di Annamaria Moschetti sui dati epidemiologici “georeferenziati” per quartieri di Taranto, ormai imparagonabili a valutazioni più generali di altre città, della Puglia o no.

Dopo un’ora dall’inizio della trasmissione, arriva la seconda sintesi del conduttore: “Su un fatto siamo d’accordo, l’Emergenza Sanitaria c’è, e sul metodo di risoluzione che c’è divisione”.

Intervenuto dopo il dibattito sullo sciopero contro la magistratura, quando Gad ha detto ai sindacalisti “A me che faccio il giornalista sembra che sia stato contro la magistratura”, Cataldo Ranieri ha spiegato perché i capi/vassalli dell’Ilva non sono come i lavoratori degni di rispetto: “I capi hanno impedito gli scioperi per la sicurezza ed i diritti, contro i ricatti. Ecco perché, qui, a Taranto, non hanno la stessa dignità” (ci sarà poi un lavoratore delle ditte appaltatrici dell’indotto a raccontare come gli stessi capi minacciano di non farti lavorare sia se scioperi per i diritti, sia se non blocchi le strade quando lo dice l’azienda; ed un altro, Cosimo Vozza, rivolgendosi ai tarantini, dicendo “I capi reparto ce l’hanno messa…a 360 gradi”!)

Commuovente, quando lo stesso Ranieri ha “pacatamente urlato” la sua indignazione: “Con Ilva o senza Ilva! Non difenderemo un lavoro che uccide! Questo è il compito del Comitato!”.

Nella platea, c’erano quelli con le magliette dell’apecar. Tra di loro, Massimo Battista, mobbizzato perché aveva denunciato le irregolarità: “A Taranto si dice spogli la Madonna e vesti a Gesù…i soldi delle bonifiche li hanno tolti al porto!”.

Siamo alla terza riflessione di Gad: “Altre città industriali hanno dimesso le fabbriche, trasformato capannoni in luoghi culturali e mantenuto un certo benessere. A Taranto, si può continuare a fare impresa privata barando al gioco? Non può esistere un capitalismo pulito? (Si ricordava che il 40% dell’acciaio prodotto in Ilva finisce in altre aziende italiane).

Piu in la, un pensionato Italsider/Ilva, lavoratore dell’altoforno, Raffaele Mele, avrebbe scioccato tutti con una affermazione, tecnica, che spero venga approfondita: “Dicono bugie, quando dicono che ci vogliono 8 mesi per attivare un altoforno: “ci vogliono 16 ore per spegnerlo e 5 giorni per accenderlo!” e poi perché invece di usare il minerale agglomerato non si usa il pellet, minerale di ferro ricco senza spolverio?”.

I veri lavoratori dell’Ilva, continuamente urlavano da fuori, denunciando le minacce subite tutti i giorni, ed ecco la quarta constatazione di Gad: “Ho imparato tante cose da voi e che le relazioni sono faticose quando c’è la paura”.

L’allevatore, anzi come lui stesso sarcasticamente si è definito, l’allevatore disoccupato, Vincenzo Fornaro, ha parlato della strage dei suoi agnelli positivi alla diossina, ed il mitilicoltore, Luciano Carriero, ha chiesto comprensione per le 500 famiglie sul lastrico.

Non è quella forse la storica economia di Taranto sotto scacco?

Tra gli spettatori, con le foto dei propri cari in mostra, morti per malattie correlabili, secondo tanti studi, all’inquinamento, una mamma con una bimba ricordava il ruolo di un ambientalista, un tempo di Caretta Caretta, oggi del Fondo Antidiossina Onlus. L’unico assente, l’unico ricordato dall’istinto di una madre dalla saggezza disarmante, del popolo, alla quale il messaggio è arrivato grazie ai suoi rischi ed al suo coraggio: “Vorrei ringraziare soprattutto Fabio Matacchiera che stasera non è presente, perché ha dimostrato, è andato con la barca, a prendere perfino il minerale che stava dentro le acque del nostro mare dove d’estate portiamo i bambini a fare il bagno, dove si prendono infezioni sulla pelle. Ormai è chiaro a tutti che c’è veleno, in mare, da per tutto, perché ancora i lavoratori dicono che l’Ilva non inquina? Come si fa, con tutte le prove materiali? Il posto di lavoro è importante, importante per tutti. Però devono lottare prima per la salute, poi per il lavoro. Nessuno muore di fame, mio marito è disoccupato, mio figlio è disoccupato. Si tira avanti lo stesso. Emigrano in altre città, la famiglia resta qui, la soluzione si trova, però l’aria pulita è la cosa che viene prima di tutto” (nel video della trasmissione integrale dopo 2 ore e 4 minuti circa).

Nella sequenza, tratta da L’Infedele, Stella Buzzerio ricorda l’ambientalista, sub, Fabio Matacchiera

                     

…A pensarci, mi viene in mente un mio vecchio articolo del 16 marzo 2006, pubblicato su Nuovo Quotidiano di Puglia….certo che gli ambientalisti, anzi l’ambientalista ricordato da questa mamma, con i suoi collaboratori, esponendosi, aveva denunciato in tempo tutto. Se l’avessero ascoltato allora, invece di ignorarlo e ostacolarlo…

 

Nel finale, Gad ha fatto alcune delle sue tipiche battute ironiche: “Dal 26 luglio, dopo il decreto di sequestro preventivo, quante volte si è fatto vedere Vendola a Taranto?”; “Clini critica l’Aia degli anni della Prestigiacomo ma c’era lui come direttore al Ministero dell’Ambiente” “Era un’Aia legale ma non era contro l’inquinamento”.

Suscitando le battute di rinforzo di Ranieri: “Legalizzava una produzione illegale”, o di Maurizo Carbone “L’Aia c’era, quando sono stati commessi reati ambientali attuali”.

Si Gad…tu hai detto di aver imparato molto da questa assemblea popolare chiamata “Taranto Italia”, come un tempo si chiamava il tuo programma “Milano Italia”, ma anche la città ha imparato molto, ed ha seguito con attenzione quanto qui è sempre stato impossibile divulgare con serenità.

E non si può che darti ragione quando dici che qui, il caso Taranto è un problema di Monti, non un problema di un sindaco. Non più.

A proposito…tra i corrotti da Girolamo Archinà, ex Pr dei Riva/Ilva, licenziato dopo l’accusa di aver corrotto diversi personaggi per favorire l’immagine dello stabilimento siderurgico (certo lui viene licenziato ma qualcuno ce l’ha mandato a corrompere tutta sta gente no?) ci sarebbero anche giornalisti delle testate di Taranto. Quando sapremo i nomi, perché altrimenti i giovani giornalisti precari li pretenderanno, riapriremo l’amaro capitolo del giornalismo privilegiato, spocchioso, venduto e corrotto, senza etica e onestà, capace impunemente di impedire e truccare, censurare ed avvelenare il confronto su questi temi, emarginando chi ha cercato di parlarne con correttezza e passione civile. Loro, non meritano nessun rispetto e nessuna seconda occasione di riscatto. E, grazie allo stile di Gad Lerner, dal 1° Ottobre 2012 credo un po’ di più al futuro del giornalismo scomodo d’inchiesta. Mai come in questa epoca sollecitato dalla cittadinanza attiva.

L’allerta sulla libertà di stampa in gioco adesso non si abbasserà.